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La Bergger Pancro 400 è una pellicola con due differenti strati di emulsione, uno a 25 ISO e l’altro a 400 ISO. Questo le consente una latitudine di posa e una gamma tonale notevolissima. Nel formato135/36 pose è stesa su una base di triacetato di 135 micron. Dispone di codifica DX sui 400 ISO nominali, visto che la pellicola può essere esposta anche a 200, 800 e 1600 ISO oltre ai 400 ISO nominali. Dispone di uno strato anti-halo e uno strato anti-curling

La Bergger Pancro 400 è disponibile anche in formato 120, qui l’emulsione è stesa su su PET ( poliestere ) da 120 micron. Il poliestere, rispetto al triacetato, ha il doppio vantaggio di asciugare più rapidamente da un lato, e di avere una base di trasparenza molto più cristallina.

La Bergger Pancro 400 è una pellicola a 2 emulsioni, composte da bromuro d’argento e ioduro d’argento. Si differenziano per le dimensioni della loro grana. Queste proprietà consentono un’ampia latitudine di posa. I cristalli vengono fatti precipitare mediante processo a doppio getto, sotto il controllo computerizzato. Le due emulsioni sono sensibilizzate pancromatiche, e sono stabilizzate da sistemi ad alta tecnologia. Grazie a queste caratteristiche la Berrger Pancro 400 può essere esposta da 200 a 1600 ISO (p.es. con Berspeed), mantenendo una grana fine senza incrementare il contrasto. E’ disponibile anche in pellicola piana, nei seguenti formati: 4X5” da 25 e 50 fogli, 13×18 cm da 25 fogli e 8×10” da 25 fogli

Ecco la composizione degli strati della Bergger Pancro 400. L’unica differenza, tra i vari formati, è che lo strato di base della 135/36 pose è triacetato da 135 micron, mentre quello del formato 120 è PET da 100 micron e quello delle pellicole piane è sempre PET ma da 175 micron

 

Io normalmente prediligo le pellicole di bassa sensibilità e l’uso del treppiedi; ma durante questo shooting, almeno nella parte urbana, non era consentito in diversi luoghi l’uso del treppiedi; questo, insieme alla necessità di usare quasi sempre un filtro – arancio – ha giustificato ai miei occhi l’uso di una 400 ISO. Al contempo volevo provare direttamente questa pellicola molto particolare, per valutarne direttamente la resa. Ho optato per un primo shooting in formato 135.

Tank Paterson di ultima generazione disponibile in diversi formati dal modello in grado di accettare una singola pellicola 135 fino al modello in grado di contenere fino a 8 spirali per otto pellicole 135 ( o quattro pellicole 120 ). Il tappo ermetico, se chiuso a dovere, ovvero premendone il centro col palmo della mano per espellere una parte dell’aria contenuta nella tank e poi perfettamente chiuso premendo a dovere i bordi lungo tutta la circonferenza impedisce qualunque trafilamento di chimica durante i rovesciamenti.

Sul bordo del caricatore sono visibili le varie sensibilità a cui può essere esposta la pellicola, che possono essere evidenziate con un tratto di pennarello indelebile per poi ricordarsi a che sensibilità è stata esposta la pellicola

Ecco il datasheet con i principali sviluppi suggeriti, le diluizioni e i relativi tempi di trattamento. I tempi variano come di norma in base alla temperatura della soluzione di sviluppo che si suggerisce mantenere sui 20°C.

La Bergger Pancro 400 può essere trattata con diversi tipi di sviluppo. Io ho usato R09 One Shot ( L’intramontabile Rodinal ) alla diluizione 1+25  alla temperatura di  20°C con un tempo totale di 8 minuti. Un minuto di agitazione continua – battendo ogni 10 secondi il bordo della tank per distaccare eventuali bolle d’aria che potrebbero aderire all’emulsione impedendo in quei punti un completo sviluppo ( lasciando poi delle alonature chiare sul negativo a procedimento ultimato ) e a seguire un rovesciamento ogni 30 secondi. E’ anche possibile prima dello sviluppo effettuare un prebagno di un minuto in acqua per eliminare il denso rivestimento anti-ahlo di questa pellicola. A sviluppo ultimato infatti, lo stesso, una volta scolato dalla tank, si presenta di un colore blu acceso

 

Per l’arresto ho utilizzato questo acido acetico al 60%. L’arresto, oltre a bloccare istantaneamente lo sviluppo, previene il trasferimento di agenti di sviluppo alcalini nel bagno successivo di fissaggio, evitando così di “inquinarlo”. Diluizione 1+19, un minuto è il tempo sufficiente per completare il ciclo d’arresto. L’acido acetico ha un odore che può risultare fastidioso ed è comunque opportuno evitare di inalarne i vapori durante il trattamento. Rispetto all’arresto a base di acido citrico ha una durata maggiore ed è più economico

 

Come fissaggio ho usato il FIX Ag PLUS, alla diluizione 1+7 per 5 minuti. In un litro di soluzione a questa diluizione possono essere trattate dalle 15 alle 30 pellicole per litro. Se non si ha l’occhio esperto e allenato a valutare dopo il fissaggio se la pellicola è veramente stata fissata a dovere, è opportuno limitarsi a non trattare più di 15 pellicole per litro di soluzione, così da avere la certezza di aver fissato in modo ottimale la pellicola

 

Per il lavaggio io utilizzo un particolare iniettore,  il JOBO 3350 CASCADE FILM WASHER. Nasce per le tank Jobo ma è perfettamente compatibile anche con le tank Paterson. Dispone di un foro nella parte terminale in plexiglass che miscela l’aria all’acqua ottenendo un lavaggio più apporofnito in un tempo minore: solo 3 minuti! Un notevole risparmio di tempo e di acqua preziosa; i due riferimenti circolari rossi vanno collimati con il livello dell’acqua in entrata regolandone la portata attraverso il rubinetto del proprio lavandino, così da ottenere la portata ottimale alla giusta pressione. Io a monte del 3350 monto un tubo riempito di lana di vetro – quella che si trova nei negozi per acquariofili – per trattenere le impurità più macroscopiche che potrebbero essere presenti nell’acqua e che sono nefaste per l’emulsione che durante il lavaggio è molto fragile e tende ad “assorbire” le impurità obbligando poi a sacrificare molto tempo per la successiva spuntinatura sulla stampa finale

 

Dopo il lavaggio 1 minuto in standing in acqua possibilmente demineralizzata/decalcarizzata con imbibente. L’imbibente agevola lo scivolamento per gravità verso il basso delle gocce residue durante l’asciugatura del negativo, così da evitare la formazione di macchie calcare sullo stesso. Io asciugo i negativi a temperatura ambiente, sospendendoli nel box doccia; vanno evitate zone di passaggio o dove c’è movimento d’aria pe evitare che polvere in sospensione aderiscano all’emulsione umida.

 

E veniamo agli scatti. Tutte le immagini sono state scattate con Nikon FM3A e obiettivo Nikon f/2.8 28mm AI-s a mano libera, utilizzando in tutte le immagini in cui si intravedeva del cielo sereno il filtro arancio o il filtro arancio + polarizzatore, per saturare al meglio le parti serene del cielo. Già in questa immagine si nota l’ampia gamma tonale della Bergger Pancro 400, che è riuscita, senza interventi di “postproduzione” a dare perfetta leggibilità sia ai palazzi in ombra in primo piano che alle zone illuminate e al cielo

 

Le nuvole sullo sfondo e quelle opposte, riflesse sull’edificio, sembrano un tutt’uno, dando più enfasi alla semplice immagine dell’edificio, se non ci fosse stato il riflesso del transito delle nubi.

 

Milano, Piazza Gae Aulenti. I palazzi avevano già schermato il sole prossimo al tramonto e la piazza era già in ombra. Ma il riflesso del sole visibile su una delle vetrate ha illuminato in controluce i giochi d’acqua, aumentandone la tridimensionalità e l’evidenza, grazie al fatto che il resto della piazza era già in ombra.

 

Due asini dal colore del mantello opposto, sono risultati entrambi perfettamente visibili, sempre grazie alla ampia gamma tonale della pellicola. Impauriti da un lato, e curiosi dall’altro, mi hanno dato giusto il tempo di abbassarmi per ottenere una prospettiva meno convenzionale, dal basso verso l’altro, prima che l’asino di destra iniziasse a muoversi – in realtà nell’immagine si sta già muovendo – per avvicinarmi.

 

Nel bosco, nonostante fosse primo pomeriggio, il fogliame ancora estivo tratteneva buona parte della luce, obbligando a tempi intorno a 1/4 di secondo diaframmando a f/8. Obbligatorio a questo punto l’uso del treppiedi.

 

Come treppiedi ho utilizzato un Manfrotto 190 a 4 sezioni in carbonio. Senza la testa pesa solo 1650 grammi e da chiuso è lungo 50 cm, quindi facilmente trasportabile. L’altezza massima con colonna estesa – sempre testa esclusa – arriva a ” soli ” 160 cm. Aggiungendo la testa, il mirino della fotocamera arriva ad altezza occhio, ma non è possibile ottenere prospettive più alte rispetto all’altezza media dell’occhio umano

 

Come testa ho utilizzato quella che uso quotidianamente e che preferisco a qualunque altro tipo di testa, da quelle a sfera a quelle a tre movimenti: si tratta della testa ManfrottoXPRO a tre movimenti con controllo micrometrico. I tre movimenti possono appunto essere controllati in modo micrometrico agendo sulle tre differenti manopole, per mettere perfettamente in bolla la fotocamera da un lato, per inquadrare con precisione micrometrica il soggetto. Volendo, ciascuna manopola può essere sbloccata per permettere movimenti rapidi e non più micrometrici su tutti e tre gli assi, utile per iniziare a inquadrare il soggetto più rapidamente, affinando poi l’inquadratura agendo sulle manopole in modalità micrometrica. L’attacco rapido a corredo permette di staccare istantaneamente la fotocamera dalla testa e sempre istantaneamente di riposizionarla. La testa include livelle a bolla per un perfetto stazionamento. Pesa solo 750 grammi ed è in grado di reggere pesi fino a 4 Kg e oltre. Perfetta quindi per qualunque tipo di fotocamera, sia piccolo che medio formato, ma anche per una folding 4×5″

 

La fotocamera è una Nikon FM3a. Presentata nel 2001, la Nikon FM3A ha una ” doppia anima ” meccanica e elettronica che le permette di lavorare su tutti i tempi di posa anche con le batterie completamente scariche. Prende il meglio da due precedenti modelli, la FM2 e la FE2. E’ stata l’ultima, vera fotocamera manual focus presentata da Nikon, in un periodo in cui la produzione era già da tempo concentrata sulle fotocamere autofocus. E’ in grado di lavorare sia in modalità completamente manuale che a priorità di diaframmi. L’obiettivo è un Nikon f/2.8 28mm AI-s, in grado di focheggiare fino a soli 20cm. di distanza. E’ una delle mie ottiche preferite

 

Io preferisco misurare l’esposizione in luce incidente, uso quindi un esposimetro esterno, in questo caso un Sekonic L-308 s Flashmate. Leggero, compatto, è alimentato da una comune batteria stilo di tipo AA, può essere utilizzato tanto per misurazioni in luce riflessa che in luce incidente, sia in luce continua che flash

 

Un primo scatto, su treppiedi, a f/8 1/4 di secondo, senza filtri. L’albero abbattuto durante un fortunale è finito su un sentiero e alcune sue parti erano già state segate per agevolare il passaggio delle persone. Un’immagine low key dalla quale si staccano le due parti chiare dell’albero segate di recente

 

Lo stesso soggetto, ma reinquadrato in orizzontale e a distanza più ravvicinata mette più in luce il contrasto tra il tronco e la zona segata. Il cielo si palesa appena nella parte superiore, la sua luminosità è ridotta dal fogliame, mancando pozioni visibili di cielo sereno non ho adoperato, come di consueto quando inquadro il cielo sereno, un filtro arancio.

 

Un dettaglio ingrandito dell’immagine precedente permette da un lato di percepire la piacevole grana di fondo della Bergger Pancro 400, che non preclude comunque la nitidezza dei vari dettagli inquadrati. Per enfatizzare l’elemento in primo piano qui ho aperto il diaframma di 1 stop, a f/5,6, così da rendere percepibile ma meno leggibile e presente lo sfondo. Il tempo di scatto è passato a 1/8 di secondo e naturalmente ho mantenuto la fotocamera su treppiedi

 

Conclusioni

La pellicola Bergger Pancro 400 non ha disatteso le aspettative: una gamma tonale davvero estesa che permette poi, se necessario, successive personalizzazioni durante la fase di stampa. L’ho provata per ora solo nel formato 135, ma a breve la testerò anche nel formato 120

Lo sviluppo molto tradizionale in R09 è stato più che soddisfacente, a 1+25 per 8 minuti; Alla diluizione 1+50 il trattamento di sviluppo passa a 22 minuti, migliorando indubbiamente il risultato finale, e sarà la diluizione che userò nel prossimo lavoro, sul formato 120.

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