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Dopo la prova sul campo della Bergger Pancro 400 in formato 135, ecco la prova della Bergger Pancro 400 in formato 120

Mentre nel formato135/36 pose la pellicola è stesa su una base di triacetato di 135 micron, nel formato 120 la Bergger Pancro 400 è stesa su PET ( poliestere ) da 120 micron. Il poliestere, rispetto al triacetato, ha il doppio vantaggio di asciugare più rapidamente da un lato, e di avere una base di trasparenza molto più cristallina.

La Bergger Pancro 400 è una pellicola a 2 emulsioni, composte da bromuro d’argento e ioduro d’argento. Si differenziano per le dimensioni della loro grana. Queste proprietà consentono un’ampia latitudine di posa. I cristalli vengono fatti precipitare mediante processo a doppio getto, sotto il controllo computerizzato. Le due emulsioni sono sensibilizzate pancromatiche, e sono stabilizzate da sistemi ad alta tecnologia. Grazie a queste caratteristiche la Berrger Pancro 400 può essere esposta da 200 a 1600 ISO (p.es. con Berspeed), mantenendo una grana fine senza incrementare il contrasto. E’ disponibile anche in pellicola piana, nei seguenti formati: 4X5” da 25 e 50 fogli, 13×18 cm da 25 fogli e 8×10” da 25 fogli

Ripropongo il datasheet con i principali sviluppi suggeriti, le diluizioni e i relativi tempi di trattamento. I tempi variano come di norma in base alla temperatura della soluzione di sviluppo che si suggerisce mantenere sui 20°C.

Ho sviluppato il primo rullo con lo sviluppo proprietario Bergger P.M.K. a due componenti al pirogallolo. Il kit consente di ottenere 25 litri di soluzione di sviluppo, naturalmente si prepara una soluzione d’uso per volta. Il P.M.K. non diluito mantenuto nei suoi flaconi originali si conserva per oltre dieci anni.  Il kit si compone di un flacone da 250 ml, Parte A, e di un secondo flacone da 500 ml di Parte B. La diluzione è 1 parte di soluzione A + 2 parti di soluzione B  + 100 parti di acqua. Per fare un esempio, per sviluppare una pellicola 120 in tank Paterson occorrono 5 ml del componente A, 10 ml del componente B e 500 ml di acqua. E’ consigliabile un prebagno di 5 minuti in acqua per eliminare lo strato antihalo; si prosegue poi con lo sviluppo vero e proprio: 1 minuto di agitazione continua, a seguire 17 minuti di sviluppo con due capovolgimenti ogni 15 secondi ( vi conviene spegnere il cellulare e rimanere molto concentrati sul cronometro ! )

Anche per la Bergger Pancro 400 come arresto ho utilizzato questo acido acetico al 60%. L’arresto, oltre a bloccare istantaneamente lo sviluppo, previene il trasferimento di agenti di sviluppo alcalini nel bagno successivo di fissaggio, evitando così di “inquinarlo”. Diluizione 1+19, un minuto è il tempo sufficiente per completare il ciclo d’arresto. L’acido acetico ha un odore che può risultare fastidioso ed è comunque opportuno evitare di inalarne i vapori durante il trattamento. Rispetto all’arresto a base di acido citrico ha una durata maggiore ed è più economico. Bergger, quando si usa lo sviluppo P.M.K. suggerisce di non effettuare il bagno d’arresto, ma di passare subito al bagno di fissaggio, che deve essere di tipo neutro.

Lavorando con lo sviluppo P.M.K. si suggerisce di fissare con un fissaggio alcalino e non acido, come il fissaggio Rollei RXN. Se si lavora con tempi di sviluppo brevi – non è il caso della Bergger Pancro – in accoppiata con il fissaggio Rollei RXN, è preferibile non utilizzare il bagno d’arresto ma passare direttamente dallo sviluppo al fissaggio.

Si consiglia un lavaggio non inferiore ai 20 minuti, a cui far seguire 1 minuto in standing in acqua possibilmente demineralizzata/decalcarizzata con imbibente. Come imbibente ho usato anche in questo caso il WAC. L’imbibente agevola lo scivolamento per gravità verso il basso delle gocce residue durante l’asciugatura del negativo, così da evitare la formazione di macchie calcare sullo stesso. Io asciugo i negativi a temperatura ambiente, sospendendoli nel box doccia; vanno evitate zone di passaggio o dove c’è movimento d’aria per evitare che polvere in sospensione aderiscano all’emulsione umida.

Come fotocamera ho utilizzato una Rolleiflex 2.8. La Rolleiflex è una medio formato prodigiosa. Leggera, compatta, focale fissa, relativamente spartana. Una fotocamera che non si adegua al fotografo ma che pretende che sia il fotografo ad adeguarsi, soprattutto alla focale fissa. Pochi accessori originali, filtri, lenti addizionali, paraluce, non obbliga a borsoni o zaini stracarichi di attrezzatura. Il modello 2.8, tra l’altro, ha un sistema di caricamento estremamente facilitato, più intuitivo e rapido di fotocamere medio formato progettate successivamente.  In tutte le immagini, anche quelle scattate in esterni, ho usato il treppiedi; in queste prime immagini scattate in interni il treppiedi era naturalmente d’obbligo, visti i lunghissimi tempi di posa, ma io cerco, se possibile, di usare il treppiedi anche in esterni con tempi di posa veloci. Mi aiuta nel realizzare l’inquadratura desiderata, mi permette di fare quando necessario dei bracketing senza spostare neppure di un millimetro l’inquadratura impostata, e mi garantisce l’assenza totale di micromosso, che può comparire anche con tempi di posa apparentemente molto veloci. Tassativo l’utilizzo dello scatto a distanza per evitare di introdurre vibrazioni, anche quando la fotocamera è solidamente ancorata a un buon treppiedi, premendo il pulsante di scatto direttamente col dito.

Come treppiedi, anche in questo caso, ho utilizzato un Manfrotto 190  CXPRO4 a 4 sezioni in carbonio. Senza la testa pesa solo 1650 grammi e da chiuso è lungo 50 cm, quindi facilmente trasportabile. L’altezza massima con colonna estesa – sempre testa esclusa – arriva a ” soli ” 160 cm. Aggiungendo la testa, il mirino della fotocamera arriva ad altezza occhio, ma non è possibile ottenere prospettive più alte rispetto all’altezza media dell’occhio umano

E come testa, naturalmente, ho usato la mia preferita, la testa Manfrotto XPRO a tre movimenti con controllo micrometrico. I tre movimenti possono appunto essere controllati in modo micrometrico agendo sulle tre differenti manopole, per mettere perfettamente in bolla la fotocamera da un lato, per inquadrare con precisione micrometrica il soggetto dall’altro. Volendo, ciascuna manopola può essere sbloccata per permettere movimenti rapidi e non più micrometrici su tutti e tre gli assi, utile per iniziare a inquadrare il soggetto più rapidamente, affinando poi l’inquadratura agendo sulle manopole in modalità micrometrica. L’attacco rapido a corredo permette di staccare istantaneamente la fotocamera dalla testa e sempre istantaneamente di riposizionarla. La testa include livelle a bolla per un perfetto stazionamento. Pesa solo 750 grammi ed è in grado di reggere pesi fino a 4 Kg e oltre. Perfetta quindi per qualunque tipo di fotocamera, sia piccolo che medio formato, ma anche per una folding 4×5″

Lo sviluppo al pirogallolo crea questa intonazione leggermente seppiata al negativo. Non si tratta nè di un errore di fissaggio o di lavaggio. E’ il cosiddetto effetto “stain” che porta a diversi vantaggi in fase di stampa.

La luce a disposizione nell’officina non era ottimale,  proveniva da alcuni neon a soffitto e da qualche piccolo lucernario posizionato in cima al capannone

Ho effettuato come sempre l’esposizione in luce incidente, utilizzando un Sekonic L 308S ( oggi sostituito dal Sekonic L-308x Flashmate ). Per questo scatto ho lavorato a f/11, 1/2 secondo di posa, naturalmente su treppiedi e con scatto a distanza

La Rolleiflex 2.8 F consente di  focheggiare fino a 90 cm circa dal soggetto. Per potermi avvicinare maggiormante ho usato una lente addizionale originale di Rolleiflex, la Rollinar 1, che permette di focheggiare fino a 45 cm dal soggetto; utilizzando le lenti di tipo 2 e 3 è possibile avvicinarsi maggiormente al soggetto. La lente che viene montata sull’ottica da visione è calcolata per poter inquadrare la stessa immagine della lente da presa, mantenendo una perfetta parallasse, cosa altrimenti difficile da ottenere quando si lavora con fotocamere biottiche. Nonostante si parli di lenti addizionali, la qualità delle Rolleinar è proverbiale.

Un dettaglio dell’immagine precedente. Per avere un’idea dell’ingrandimento, la dicitura “Bergger” sul negativo è lunga 5mm, su una lunghezza totale del fotogramma di 58mm. Se pensiamo che questo esemplare di Rolleiflex è stata prodotto nel 1960 e sempre nello stesso periodo il Planar 80mm f/2.8 con cui è armata, il risultato è più che notevole.

Un altro scatto: f/11, 1/2 secondo di posa, lente addizionale Rolleinar 1

Un dettaglio ingrandito dell’immagine  di sinistra: è possibile valutare la grana, da un lato, dall’altro la notevole nitidezza del Planar 80mm f/2.8 della Rolleiflex accoppiato alla lente addizionale Rolleinar 1.

Uno scatto in esterni; f/11, 1/125 di sec., filtro arancio.

Un dettaglio della parte destra in basso dell’immagine precedente.

Problema: nonostante io abitualmente batto il bordo della tank sul piano di lavoro per fare in modo che eventuali bolle d’aria adese all’emulsione si distacchino così da permettere allo sviluppo di agire uniformemente su tutto il negativo, in questo rullo le bolle sono rimaste adese non solo sul primo, ma anche sul secondo e sul terzo fotogramma. Il problema non è certo dipeso dalla pellicola, e neppure dallo sviluppo, anche perchè prima di iniziare lo sviluppo ho effettuato un prebagno in acqua di alcuni minuti, che dovrebbe scongiurare l’adesione delle bolle d’aria all’emulsione. Il problema, indubbiamente, è stato causato da un non corretto caricamento della pellicola all’interno della spirale

Un ingrandimento del bordo del primo fotogramma rivela che in alcuni punti non solo lo sviluppo, ma neppure il fissaggio hanno raggiunto l’emulsione. Probabilmente l’emulsione in alcuni punti si è letteralmente incollata al fotogramma successivo, invalidando tutto il processo

Anche il fotogramma successivo rivela lo stesso problema…

E il seguente… avevo realizzato questa sequenza di immagine per valutare il comportamento della pellicola Bergger rispettivamente senza filtri, con filtro arancio e con filtro rosso

Anche a causa del fatto che le “bolle” hanno inibito lo sviluppo proprio in una zona omogenea dell’immagine, anche se di lato, l’immagine risulta inutilizzabile, a meno di non riquadrarla in fase di stampa. L’argentico è così, una sfida continua, spesso si vince. A volte… si perde.

La Bergger Pancro 400 può essere trattata con diversi tipi di sviluppo. Per questo secondo rullo ho usato lo sviluppo R09 Spezial  ( l’intramontabile Rodinal Special) alla diluizione 1+31, anzichè quella suggerita a 1+15,  alla temperatura di  20°C per un tempo totale di 12 minuti. Un minuto di agitazione continua – battendo ogni 10 secondi il bordo della tank per distaccare eventuali bolle d’aria che potrebbero aderire all’emulsione impedendo in quei punti un completo sviluppo ( lasciando poi delle alonature chiare sul negativo a procedimento ultimato, soprattutto nel formato 120, cosa che purtroppo durante questa prova è avvenuto ) e a seguire un rovesciamento ogni 30 secondi. Ho effettuato un prebagno di un minuto in acqua per eliminare il denso rivestimento anti-ahlo di questa pellicola. A sviluppo ultimato infatti, lo stesso, una volta scolato dalla tank, si presenta di un colore blu acceso.

Ho sviluppato il secondo rullo in R09 Spezial. Anzichè alla diluizione suggerita di 1+15 per un tempo di trattamento di 6 minuti, ho diluito a 1+31 e ho raddoppiato il tempo di sviluppo portandolo a 12 minuti. Ho effettuato il consueto prebagno in acqua per circa cinque minuti, e poi ho arrestato, fissato e lavato il negativo in modo convenzionale.

Qui l’aspetto del negativo, sviluppato in R09 Spezial è convenzionale, l’intonazione seppia viene introdotta dal pirogalloro mentre non si manifesta utilizzando altri sviluppi, nè con la Bergger Pancro 400 nè con altri tipi di pellicole.

Il positivo del negativo precedente. La messa a fuoco è stata fatta sul bordo del binario tagliato; diaframmando a f/16 è stato possibile aumentare la nitidezza davanti e dietro al binario. Ho usato la lente addizionale Rolleinar 1 per potermi avvicinare maggiormente al binario e ingrandirlo.

Un ingrandimento del bordo in basso a destra del fotogramma. La scritta Bergger, come già visualizzato in precedenza, è lunga 5mm sul negativo.

La giornata era serena; per alcuni scatti ho utilizzato il filtro arancio, per dare più corpo al cielo.

Per fotografare il binario, posizionando la fotocamera alla sua stessa altezza e non con una prospettiva dall’alto, ho divaricato le gambe del treppiedi alla massima posizione, grazie alla possibilità di posizionarle su differenti angoli: 25°.46°.66°.89°. Il treppiedi Manfrotto 190 non consente però di separare la colonna in due moduli, o di collegare direttamente la testa alla crociera. In questa situazione, con le gambe del treppiedi completamente divaricate la testa non riesce ad abbassarsi perchè bloccata dalla lunghezza della colonna perpendicolare al terreno. E’ però possibile posizionare la colonna, una volta completamente estratta, a 90 gradi rispetto alla crociera, in questo modo è possibile posizionare la fotocamera quasi ad altezza terra, ed era quello che mi occorreva per fotografare il binario con la prospettiva che cercavo.

Ecco come funziona il sistema di divaricamento delle gambe, e come si posiziona la colonna a 90 gradi.

Problema risolto.

Un altro scatto con prospettiva quasi a livello del suolo. Il cielo sullo sfondo era quasi in controluce, il filtro arancio non è riuscito a scurirlo, anche se la porzione di cielo era serena; è possibile comunque bruciare leggermente quella porzione di cielo in fase di stampa, per dargli più corpo.

Conclusioni

La Bergger Pancro 400 si è rivelata un’ottima pellicola anche in formato 120. Grazie al fatto che il 120 è steso su PET anzichè su triacetato il fondo è molto più cristallino, praticamente esente da maschera e, vantaggio di secondo piano ma non trascurabile, asciuga più rapidamente rispetto al triacetato. Mentre bisogna prestare attenzione  durante il caricamento di una pellicola su base PET in formato 135 causa il rischio che la luce, condotta come attraverso una fibra ottica, veli o si infiltri fino al primo fotogramma – a meno di non caricare la pellicola in una situazione dove sia presente poca luce – nel formato 120 il problema non si pone perchè la pellicola è completamente avvolta nella sua carta di protezione e non vede la luce durante la fase di caricamento.

Il formato 120, come noto, si presta a ingrandimenti maggiori senza che la grana sia quasi percettibile, nonostante la Bergger Pancro sia appunto una 400 ISO. Sia lo sviluppo in pirogallolo che in R09 Spezial hanno data risultati più che soddisfacenti. La naturale morbidezza di questa pellicola permette una gamma tonale superiore; il livello di contrasto desiderato lo si decide poi in fase di stampa.

In accoppiata con una fotocamera medio formato che io ritengo ancora oggi straordinaria come la Rolleiflex, sia la fase di scatto che il risultato finale mi hanno ampiamente soddisfatto.

Non va dimenticato, per concludere, che questa pellicola è disponibile anche in piana 4×5″, 13×18 cm e 8×10″.

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