ROLLEI RETRO 80S: OVER THE TOP!
Introduzione
Parlando di fotografia in bianco e nero si pensa innanzitutto alla fotocamera impiegata, al tipo di obiettivo.
Raramente si fa riferimento a diversi accorgimenti di ripresa, paraluce, filtri, treppiedi, scatto a distanza, alzo intenzionale dello specchio, esposizione in luce incidente, bracketing, che se messi in atto possono raddoppiare la qualità di un fotogramma, proporzionalmente alla qualità dell’obiettivo impiegato.
Una fotografia di qualità elevata non significa che sia anche una buona fotografia, ma se si è alla ricerca della qualità, tutti questi accorgimenti vanno messi in pratica, senza contare la scelta della pellicola, in questo caso la Rollei Retro 80s, una pellicola poco conosciuta ma dalle qualità incredibili.
Buona visione e buona lettura
Gerardo Bonomo
Piccolo o medio formato?
Piccolo o medio formato
La Rollei Retro 80s è disponibile sia in formato 135 che B, non in pellicola piana 4×5”
Comunque, Il medio formato, pensando al 6x6cm, ha un’area utile superiore del 350% al formato 24x36mm; anche se l’immagine quadrata viene “croppata” in stampa in un formato rettangolare, l’area utile è sempre molto superiore al formato 24x36mm; questo significa che, a parità di ingrandimento si arriva a dimezzare la grana e a raddoppiare la gamma tonale.
Pellicola e sviluppo
A prescindere dal formato utilizzato ( e ho evitato di parlare del grande formato ) un ruolo fondamentale nella qualità dell’immagine è la scelta della pellicola e il trattamento di sviluppo
E’ in questo contesto che voglio parlare di una pellicola non molto conosciuta, che ha però al contempo una lunga storia, la Rollei Retro 80S, una pellicola da 80 ISO nominali, quindi non facile da utilizzare a mano libera, ma che per molte applicazioni, dal paesaggio allo still life fino alla fotografa di architettura è forse una delle migliori pellicole disponibili sul mercato.
La storia
La Rollei Retro 80s, come la Superpan 200, la Retro 400s e la Rollei Infrared prendono spunto da una serie di pellicole di Agfa, denominate Aviphot, che prima dell’avvento di Rollei non erano disponibili né in piccolo né in medio formato perché erano state concepite per la fotografia aerea.
La pellicola era disponibile, in diverse emulsioni, la Rollei retro 80s deriva dakla Agfa Aviphot Pan 80, al tempo disponibile solo in bobine da in bobina da 24cm x 76 o 152 metri….
Aviphot Pan 80
Una pellicola negativa pancromatica per la fotografia aerea.
Tra gli impieghi, quello di fotografare ampie porzioni di territorio e valutare, per esempio per le stime agricole nazionali, a seconda della tonalità di grigio dei campi coltivati, che tipo di verdura era stata coltivata !!!!
Aviphot Pan 80 PE0 è una pellicola negativa aerea pancromatica ad alta risoluzione, stesa su a
base in poliestere trasparente (PET ) che garantisce un’eccellente stabilità dimensionale.
Spessore della base in poliestere PE1: 0,10 mm / 0,004”.
Aviphot Pan 80 PE0 con una base di poliestere di 0,06 mm/0,0025” è un film con la stessa emulsione strato posteriore come la versione PE1. Questo materiale di base più sottile consente una maggiore lunghezza su bobine.
Caratteristiche
• Aviphot Pan 80 ha uno strato protettivo ad alta efficienza sopra la sua emulsione per evitare graffi
e pre- o desensibilizzazione mediante pressione.
• Il substrato di base e lo strato posteriore mantengono le loro proprietà antistatiche, anche dopo la lavorazione.
- La sensibilità spettrale di Aviphot Pan 80 è ampliata fino ai 750nm ovvero alla fotografia all’infrarosso.
- Di conseguenza, la pellicola offre un’eccellente penetrazione attraverso foschia, nebbia e altro
condizioni atmosferiche che potrebbero influenzare la qualità dell’immagine. A causa della ridotta dispersione da parte dell’atmosfera, le immagini sono nitide e ben delineate.
• La sua sensibilità spettrale fino a 750 nm rende Aviphot Pan 80 uno strumento eccezionale per la differenziazione delle specie vegetali negli studi agrari ed ecologici.
• La velocità fotografica abbinata alle moderne ottiche ed ai sistemi di compensazione del movimento di telecamere aeree consente voli da bassa ad alta quota.
• Il contrasto dell’immagine può essere controllato dai parametri di elaborazione. Aviphot Pan 80 può essere sviluppata come pellicola a basso contrasto per la fotografia su larga scala e come pellicola ad alto contrasto per quella alta per applicazioni civili o militari in altitudine.
TOC (contrasto oggetto target) 1000:1 = 287 l/mm ( coppie di linee )
Tutto questo, nella pratica, significa che la pellicola derivata dalla Aviphot 80, quindi la Rollei retro 80s, ha una sensibilità spettrale, per quanto riguarda l’infrarosso, addirittura superiore alla Rollei Infrared
La Nikon F-601 AF
Per questo articolo ho utilizzato una Nikon F-601 AF, una fotocamera prodotta dal 1991 al 1993, sia in versione autofocus che manual focus. Sono fotocamere che negli anni 90 superavano il milione di lire ma che oggi si trovano sul mercato dell’usato tra i 50 e 100 Euro. Questo a causa dell’e innovazione tecnologiche di allora, l’introduzione dell’elettronica ( oggi di difficile sistemazione ), la mancanza di un tempo di scatto manuale e l’introduzione della “plastica” che oggi fa storcere il naso a molti. Ma il prezzo irrisorio, simile al prezzo di una riparazione, fa sì che, se la macchina non fosse più riparabile, con la stessa cifra di una riparazione se ne può acquistare un’altra.
Dispone di esposimetro incorporato selezionabile su lettura Matrix, media ponderata al centro e spot. Dispone del lettore del codice DX della sensibilità della pellicola che può comunque essere impostata anche manualmente. Può lavorare in modalità completamente manuale, in priorità di diaframmi, in priorità di tempi e in Program. L’otturatore lavora da 1/2000 fino a 30 secondi e a seguire la posa B. Il pulsante di scatto dispone di attacco filettato per poter remotare lo scatto e mantenere l’otturatore aperto durante la posa B. Può montate sia le ottiche Nikon AF che le ottiche Ai e Ais Manual Focus. Dispone di un display sulla calotta per controllare tutte le impostazioni e all’interno del mirino di un secondo display verde retroilluminato, nuovamente per controllare le principali funzioni, Lavora sia in AF che in manual focus, qui assistita da un telemetro elettronico visibile nel mirino. Incorpora un piccolo flash TTL e ha la slitta flash TTL Nikon, Permette la staratura intenzionale dell’esposizione sia dell’otturatore che del flash, il bracketing di scatto in sotto e sovraesposizione, il blocco sia dell’esposizione che del punto di messa a fuoco AF. Il caricamento è automatizzato, così come il trascinamento e il riavvolgimento.
E’ alimentata da una batteria da 6 V ancora perfettamente reperibile in commercio, denominata DL223A o CR-P2, in grado di gestire bel 75 rulli da 36 pose – con flash disinserito. Non dispone di nessun tempo di scatto meccanico, senza batteria non è in grado di funzionare anche perché come già detto, anche il trascinamento è elettrico. Dispone anche di autoscatto elettronico. Quindi una fotocamera più che completa ma, esattamente come la maggior parte delle fotocamere AF degli anni 90, di qualsiasi marca, si trova sul mercato dell’usato a un prezzo irrisorio.
Ho utilizzato due obiettivi, un Nikon 28mm f/2.8 AF e un Micro Nikkor 60mm f/2.8 AF. Entrambi questi obiettivi, disponendo ancora della ghiera dei diaframmi meccanica, possono essere utilizzati in Manual Focus anche sulle fotocamere Nikon a messa a fuoco manuale degli anni 70, come la Fm, la FE, la FE2 la FM2, la F3, e chi più ne ha più ne metta.
La seconda fotocamera impiegata: la Canon AE1
La Canon AE-1 è una fotocamera reflex (SLR) a pellicola da 35 mm per l’uso con obiettivi intercambiabili. È stata prodotta da Canon Camera KK (oggi Canon Incorporated ) in Giappone dall’aprile 1976 al 1984. Utilizza un otturatore elettromagnetico a controllo elettronico sul piano focale orizzontale , con una gamma di velocità da 2 secondi a 1/1000 di secondo più posa B e sincronizzazione X del flash di 1/60 di secondo. Il corpo macchina è alto 87 mm, largo 141 mm e profondo 48 mm; pesa 590 g. La maggior parte delle fotocamere hanno la livrea silver, con impugnatura nera e finiture cromate, ma alcune sono nere con finiture e finiture in argento.
Il suo nome si riferisce al fatto che si tratta di una fotocamera elettronica che utilizza l’apertura per l’esposizione automatica (priorità di tempo di posa, l’esatto antipodo di Nikon che ha sempre privilegiato la priorità di diaframmi). A volte si afferma che l’AE-1 sia stata la prima reflex dotata di microprocessore , ma questo non è corretto. Il concorrente di Canon, Nikon, introdusse nel 1972 la Nikkormat EL, la prima fotocamera al mondo con un circuito integrato. Tuttavia, Canon fu in grado di integrare più funzioni nel microprocessore e quindi di rendere la fotocamera più piccola. Sia l’esposizione automatica controllata dal microprocessore che le dimensioni ridotte contribuirono al successo della fotocamera: supportata da un’importante campagna pubblicitaria, l’AE-1 vendette oltre 5,7 milioni di unità, il che la rese un successo senza precedenti nel mercato delle reflex.
Caratteristiche
L’AE-1 ha un attacco per obiettivo Canon FD a baionetta e accetta qualsiasi obiettivo FD o New FD (FDn). Non è compatibile con l’attacco per obiettivo Canon EF successivo di Canon , quindi gli obiettivi autofocus, sebbene siano disponibili adattatori realizzati da produttori indipendenti. La fotocamera accetta anche i precedenti obiettivi Canon con attacco FL tramite l’uso della misurazione stop-down . Gli obiettivi FD originali, introdotti nel 1971, non ruotano durante il processo di montaggio; invece, un anello di bloccaggio alla base viene ruotato per fissare l’obiettivo. Questo è stato spesso criticato come più lento degli attacchi a baionetta delle fotocamere concorrenti. La controargomentazione, tuttavia, era che poiché le superfici di accoppiamento obiettivo/corpo non ruotavano, non c’era usura che potesse influire sulla distanza critica tra obiettivo e piano della pellicola. Nel 1979, Canon introdusse la nuova serie di obiettivi FD che ruotano l’intero barilotto esterno dell’obiettivo per bloccarlo. Il barilotto interno dell’obiettivo rimane fermo e quindi le leve e i perni di segnale non ruotano ancora. Verso la fine degli anni ’70, erano disponibili oltre 50 obiettivi Canon FD. Si andava dal fisheye FD 15 mm f/2.8 SSC al FD 800 mm f/5.6 SSC, oltre ad obiettivi speciali come un fisheye circolare da 7,5 mm e un obiettivo basculante e decentrabile da 35 mm.
Gli accessori per la AE-1 includono il Canon Winder A (avanzamento motorizzato della pellicola a fotogramma singolo fino a 2 fotogrammi al secondo), il Canon Databack A (numerazione sequenziale o stampa della data sulla pellicola) e i flash elettronici Canon Speedlite 155A (numero guida 56/17 (piedi/metri) a 100 ASA) e Canon Speedlite 177A (numero guida 83/25 (piedi/metri) a 100 ASA). Anche il successivo Power Winder A2 è compatibile, ma il Motor Drive MA no.
La AE-1 è una reflex Manual Focus alimentata a batteria e controllata da microprocessore . Supporta il controllo manuale dell’esposizione o l’esposizione automatica a priorità di tempi . Il sistema di controllo dell’esposizione è costituito da un ago che punta lungo una scala f-stop verticale sul lato destro del mirino per indicare le letture dell’esposimetro integrato ( a ponderazione centrale con fotocellula al silicio). Il mirino utilizzato dalla AE-1 è il telemetro a immagine sdoppiata standard Canon con ausili per la messa a fuoco come il sisema a microprismi, insieme a telemetro a immagine spezzata. La fotocamera non funziona senza batteria (4 LR44 o 4SR44), inclusi otturatore ed esposimetro.
Storia del design
La AE-1 fu la prima di quella che sarebbe poi diventata una revisione completa della linea di reflex Canon. Gli anni ’70 e ’80 furono un’epoca di intensa competizione tra i principali marchi giapponesi di reflex: Canon , Nikon , Minolta , Pentax e Olympus . Tra il 1975 e il 1985, si verificò un drastico abbandono dei pesanti corpi macchina meccanici manuali interamente in metallo, a favore di corpi macchina molto più compatti con automazione elettronica a circuito integrato (IC). Inoltre, grazie ai rapidi progressi nell’elettronica, i marchi si superarono a vicenda con modelli via via più automatizzati.
Sebbene Canon producesse fotocamere 35 mm di qualità da decenni, dalla fine degli anni ’50 era stata messa in ombra dalla rivale Nippon Kokagu KK e dalle sue fotocamere Nikon. Sebbene Canon dominasse facilmente il mercato amatoriale delle fotocamere compatte a obiettivo fisso (dove Nikon non era competitiva), le reflex Canon non offrivano le caratteristiche professionali delle reflex Nikon di fascia alta. Nikon, con la sua solida reputazione per la qualità dei materiali e della lavorazione, deteneva una posizione di assoluto rilievo nel prestigioso mercato delle reflex professionali, che i concorrenti non riuscivano a scalfire.
La AE-1 fu l’avanguardia delle reflex Canon serie A di livello amatoriale e guidò l’introduzione di Canon nel nascente mercato delle reflex a controllo elettronico. Gli altri modelli della serie A furono la AT-1 (lanciata nel 1977), la A-1 (1978), la AV-1 (1979), la AE-1 Program (1981) e la AL-1 (1982). Tutte utilizzavano lo stesso telaio compatto in lega di alluminio, ma con diversi livelli di funzionalità e un pannello superiore esterno in plastica. Condividendo la maggior parte dei componenti principali, tra cui un economico otturatore a tendina orizzontale, il display con le informazioni del mirino e il controllo del flash automatico, Canon ridusse ulteriormente i costi e poté abbassare il prezzo delle reflex più costose allora disponibili sul mercato.
In linea con la sua filosofia di riduzione dei costi, Canon ha progettato l’AE-1 utilizzando una quantità significativa di plastica strutturale per una fotocamera più leggera ed economica, a scapito di una minore resistenza agli urti. Canon si è impegnata molto per mascherare l’uso della plastica: l’ acrilonitrile-butadiene-stirene (ABS) stampato a iniezione per il pannello superiore, rifinito con cromo satinato o smaltato nero per conferire l’aspetto e la sensazione del metallo. La piastra inferiore era realizzata in ottone e poi rifinita con cromo satinato o smaltato nero. L’ampio utilizzo dell’elettronica ha inoltre consentito una costruzione interna modulare più semplice, al posto dei collegamenti meccanici. Cinque moduli interni principali e 25 secondari hanno ridotto il numero di componenti individuali di oltre 300. La costruzione modulare, a sua volta, ha consentito l’automazione delle linee di produzione al fine di ridurre i costi. Sfortunatamente, le preoccupazioni relative ai costi hanno portato anche all’utilizzo della plastica in alcuni dei meccanismi di movimento e operativi.
La AE-1 non è mai stata progettata per essere una fotocamera professionale; tuttavia, è stata progettata per offrire controlli relativamente semplici e un diaframma automatico per i principianti, con vari controlli manuali e accessori di sistema per attrarre i fotografi più esperti. La AE-1 è stata la prima reflex acquistata da milioni di fotografi amatoriali, attratti dalle sue caratteristiche e dal prezzo contenuto.
Per molti versi, la AE-1 rappresentò la confluenza di due filoni di sviluppo fotografico Canon. La prima generazione di reflex 35 mm a controllo elettronico Canon EF (1973) si fuse con la generazione finale di telemetro Canonet G-III QL17 (1972). Dopo decenni di rincorsa alla supremazia ottica giapponese di Nikon, Canon finalmente trovò la formula del successo: alta tecnologia per la facilità d’uso, componenti interni ed elettronica più economici per un prezzo inferiore e una pubblicità massiccia per veicolare il messaggio. Nonostante le proteste dei fotografi tradizionalisti che lamentavano un “eccesso” di automazione che rovinava l’arte della fotografia, l’automazione si rivelò l’unica via per attrarre la maggior parte dei fotografi amatoriali.
L’AE-1 aveva un solo ago puntatore per indicare il diaframma consigliato dall’esposimetro, e non aveva né un ago idi riferimento per indicare il diaframma effettivamente impostato sull’obiettivo, né indicatori “ + e – “ per sovraesposizione e sottoesposizione. Il sistema a priorità di tempi dell’AE-1 era più adatto all’azione sportiva che al controllo della profondità di campo, tuttavia la velocità massima di 1/1000 di secondo del suo otturatore a scorrimento orizzontale ne limitava l’utilizzo per tali attività. Il design dello sportello della batteria era soggetto a frequenti rotture e, nel tempo, i proprietari hanno segnalato casi di problemi con l’otturatore e meccanici, tra cui l’usura del collegamento dello specchio (il “fischio Canon”). L’abbandono da parte di Canon dell’innesto FD in favore del design autofocus EOS ha avuto un impatto anche sui prezzi dell’AE-1 sul mercato dell’usato,. Il prezzo è assimilabile alla Nikon F- 601 AF, forse leggermente più cara, grazie al tempo meccanico e all’avanzamento e al riavvolgimento completamente meccanici. Non è AF come i modelli che successivamente Canon introdusse sul mercato, ma cambiando l’innesto ottich da FD a EOS, rendendo quindi inutilizzabili tutti gli obiettivi MF sulle nuove reflex AF. Qui c’è una differenza sostanziale rispetto a Nikon, che mantenendo intatto l’attacco F-Mount anche sui nuovi corpi AF non obbligò gli acquirenti a cambiare immediatamente anche gli obiettivi, o meglio, consentendo di montare le nuove ottiche AF pr poter disporre ovviamente del sistema AF ma al contempo di tutte le ottiche MF Ai e Ai-s( fonte modificata: Wikipedia )
La corretta esposizione
Anche se la Nikon F-601 AF ha un ottimo sistema esposimetrico che può essere impostata su matrix, media ponderata al centro e spot, io preferisco sempre usare un esposimetro esterno e un cartoncino Kodak Gray Card. Qui di seguito la brochure: KODAK-Gray-Card-R27-brochure
Come esposimetro ho utilizzato Al solito il Sekonic Flashmate L-308x, in grado di valutare sia le esposizioni in luce riflessa che il luce incidente fino a pose di 60 secondi. Display retroilluminato per lavorare anche condizioni di scarsa luminosità, è alimentato da una comune batteria stilo AA da 1,5v. per questo lavoro ho posizionato il cartoncino al posto soggetto e ho preso l’esposizione in luce riflessa alla sensibilità nominale della Rollei Infrared, quindi 400 ISO. Ho poi provveduto a fare comunque dei bracketing sia senza che con il filtro montato.
la Rollei Retro 80S
La Rollei Retro 80S, disponibile in formato 135 e 120 ma non in pellicola piana, può essere un’alternativa alla Rollei Infrared per chi non gradisce l’eccessiva oniricità appunto della fotografia infrarossa: la sua sensibilità spettrale arriva infatti fino a ben oltre i 750 nanometri: senza ricorrere al filtro IR 720, ma usando un “comune” filtro rosso 25A, è possibile già ottenere un notevole annerimento del cielo e un ottimo schiarimento della vegetazione. Il filtro 25A assorbe meno stop rispetto al IR 720, ma la ridotta sensibilità della Rollei retro 80s, solo 80 ISO, in molte situazioni esige comunque l’uso del treppiedi; c’è però il vantaggio che con il filtro rosso montato è possibile continuare a controllare l’inquadratura e, parlando della Nikon F-601 AF, con il filtro 25A montato il sistema AF continua a funzionare. Di contro la risoluzione arriva a ben 180 l/mm. Una pellicola certamente da sperimentare nell’ambito del “parainfrarosso”.
Usando il filtro rosso scuro 29A si amplifica l’annerimento del cielo e lo schiarimento della vegetazione
Qui di seguito le caratteristiche tecniche: RETRO80S_Datenblatt_EN_R012101
GLI ALTRI ACCESSORI PER LA RIPRESA
Ho già accennato.
Innanzitutto, se usate una fotocamera alimentata a batteria portate una batteria di ricambio.
Un esposimetro esterno e relativa batteria di ricambio
Un cartoncino grigio Kodak Gray Card
Una livella a bolla
Uno scatto flessibile
Un buon treppiedi ( Manfrotto MT190 CX PRO 4
Una testa a tre movimenti Manfrotto MHA 3 WG )
Un congruo numero di pellicole
Lo sviluppo della Rollei Retro 80S
Ho utilizzato chimica Rollei, a cominciare dal Rollei Supergrain
Qui di seguito il link al pdf con le istruzioni complete :rolleirsg24_10
Rollei Supergrain è un moderno sviluppatore a grana fine per pellicole in bianco e nero. SuperGrain offre una qualità dell’immagine superiore con una grana estremamente fine. Produce risultati nitidi, sfruttando appieno la velocità della pellicola. Supergrain è il risultato di un ulteriore sviluppo della classica ricetta AM-74. Può essere utilizzato alla diluizione 1+9, 1+12 e 1+15 ( quella che prediligo ) E’ disponibile in confezioni da 250ml, da 500 ml a da 1 litro
Come arresto ho utilizzato Il Rollei RCS alla diluizione 1+19
Come fissaggio ho utilizzato il Rollei RXA alla diluizione 1+4
Ecco la procedura, tutta a 20°C
Prebagno in acqua del rubinetto di almeno 2 minuti per smantellate lo stratto antihalo, è sufficiente ruotare la tank con l’apposito strumento anziché fare dei rovesciamenti
Sviluppo Rollei SuperGrain, diluizione 1+15, a 20°C per 11 minuti, primo minuto rovesciamenti continui, a seguire un capovolgimento ogni 340 secondi
Arresto Rollei RCS alla diluizione 1+19 a 20°C per 1 minuto ( RCS_Data_Sheet_EN )
Fissaggio Rollei RXA alla diluizione 1+4 a 20°C per 5 minuti ( RXA_Datenblatt_EN )
Lavaggio in acqua del rubinetto per 10 minuti
Bagno finale composta da acqua F.U. e WAC ( Rollei RWA ) , 2,5ml per 500 ml di acqua F.U.
Ho steso il negativo completamente bagnato, senza “strizzarlo” e alla temperatura ambiente di 20 gradi si è asciugato in 20 minuti.
I risultati
Cliccate ciascuna delle immagini seguenti prima una volta poi una seconda volta per poterle visualizzare ala massima risoluzione
Il primo scatto l’ho volutamente fatto a colori per dare un’idea di come fosse la realtà
Il secondo scatto l’ho realizzato alla sensibilità nominale della Rollei RETRO 80S, senza filtro
Il terzo scatto ( scelto tra un bracketing di +1, +2 ) è stato realizzato utilizzando il filtro HELIOPAN ROSSO SCURO 29A
Tutti gli scatti sono stati realizzati su treppiedi con attivazione dell’otturatore a mezzo scatto a distanza; lo scatto a colore e lo scatto senza filtro sono stati realizzati sfruttando l’autofocus della fotocamera
Lo scatto realizzato con il filtro è stato comunque realizzato effettuando prima una focheggiatura AF, per poi portare il controllo del sistema AF su MF, e aggiungendo poi il filtro 29A

Sempre con Canon AE-1, compòice il diverso momento della giornata, il maggior irraggiamento di IR e il taglio e il cambio di prospettiva del 50mm rispetto al 28mm degllo scatto precdente realizzato con la Nikon F-6101 AF, il filtro rosso scuro 29A ha letteralmente trasformato l’immagine, l’effetto Wood è più marcato, il cartello di segnalazione rosso è diventato completamente bianco.

Un cielo che nello scatto a colori aveva ancora un poco di dettaglio – le nuvole sfilacciate fanno comunque fatica a staccarsi negli scatti in bianco e nero..

… nello scatto realizzato con filtro 29A riprende vigore, le campiture azzurre si scuriscono notevolmente dando corpo alle nuvole, pur sfilacciate, e la vegetazione caduca si schiarisce, grazia all’effetto Wood, in modo evidente,
[caption id="attachment_11090" align="alignnone" width="1024"] Questo scatto è stato realizzato solo in pancromatico, il controluce – la fonte di illuminazione è stata bandierata per ebvtare che andasse a colpire la lente frontale dell’obiettivo – ha reso il grappolo d’uva molto più tridimensionale, E’ stato impiegato il Micro Nikkor 60mm a f/5,6, focheggiando sul primo acino d’uva giocando così sul fuori fuoco che andasse ad annullare quasi completamente lo sfondo che anziché nero era ancora parzialmente illuminato.

Un confronto tra il fotogramma intero e il dettaglio, la gamma tonale e la risoluzione, che comunque analizzeremo tra breve, della Rollei Retro 80S é rimarchevole

Una delle mie amate cave. Lo scatto a colori non ga giustizia delle tenebre crepuscolari che anche di giorno rendono lo specchio d’acqua indistinguibile e i profili rocciosi completamente immersi nel buio.

Il Sekonic Flashmate L-308 X grazie alla Gamma di misura ISO100 (Luce riflessa ambiente): EV0 a EV19.9 che gli consente di arrivare fino a 60 secondi di posa, mi ha permesso di districarmi in questo crepuscolo dantesco, suggerendomi, a f/8 un tempo di posa di 45 secondi, poi commutati il due minuti di posa per appianare l’effetto di non reciprocià che accomuna tutte le pellicole del mondo a partire da una esposizione da 1 secondo di posa.

Uno scatto “scolastico” realizzato con la Canon AE-1 e il suo 50mm f/18 alla minima distanza di fuoco di soli 60 cm – siamo molto lontani dalla minima distanza di messa a fuoco e dalla risoluzione di un obiettivo macro…

… permette di valutare la definizione di un’ape bottinatrice ricoperta di polline. Questo grazie all’incredibile risoluzione di 180 linee/mm della pellicola Rollei Retro 80s.

Non sono un amante dei tralicci ma tornano molto utili negli scatti di paesaggio per avere un punto di repere netto per evidenziare successivi ingrandimenti

Nello scatto pancromatico su pellicola la grande differenza in EV tra il cielo luminoso e il prato hanno minimizzato il cielo. In stampa si può comunque intervenire con un’opportuna bruciatura superiore, con un differente filtro di contrasto per ridargli vita e tridimensionalità.

Ma usando il filtro 29A ecco che tutto prende vita, senza bisogna di bruciature sul cielo nè di mascherature sulla vegetazione.

Rifotografando il negativo sormontato da una diottra, utilizzando il Micro Nikkor 60mm al rapporto di riproduzione 1:1 si evidenziano in rosso i millimetri e in verde i decimi di millimetro dell’immagine. La qualità è stupefacente, nonostante l’obiettivo usato in ripresa, il Nikkor 28mm f/2.8 D non brilli certo come acutanza e risoluzione.

Uno still life realizzato appoggiando la conchiglia sormontata dallo stilografica su un piano luminoso e illuminando poi i due soggetti con una sorgente di luce radente

Uno scatto realizzato a colori con una vetusta Nikon D5600 del 2016 con sensore APS-C da 24 MP e come obiettivo un Nikon AF-S 60mm f/2.8 G ED Micro di ultima versione alla minima distanza di fuoco; nonostante il sensore sia ormai più che sorpassato, essendo un APS-C, in accoppiata con un obiettivo macro ha ancora MOLTO da raccontare….

Un ingrandimento dello scatto realizzato su Rollei retro 80S con Nikon F-601 AF e Micro Nikkor 60mm D ( old version ) in accoppiata con la diottra con cui è possibile valutare in rosso i millimetri e in verde i decimi di millimetro del negativo – la diottra è stata appoggiata direttamente sul negativo. Questo forse è lo scatto più significativo che rende giustizia alla qualità della Rollei retro 80S, allo sviluppo a 1+15 Rollei Supergrain e, perchè no, alla qualità dell’obiettivo macrioanche se di penultima generazione.

Utilizzando un Durst M670 VC con obiettivo Durst Neonon 50mm f/2.8 ( fabbricato da Pentax ). L’altezza della colonna di questo ingranditore supera il metro, ho potuto fare quindi un notevole ingrandimento, appoggiando la diottra sul negativo e nella riproduzione, appoggiando nuovamente la diottra sul negativo, la stilografica e un righello: notate che il riferimento ingrandito di 1 millimetro corrisponde attraverso il righello appoggiato sulla stampa a 20mm; questo acclara un ingrandimento di 20x, che significa una stampa di tutto il fotogramma di 48x 72 cm !!!!!!!!!!! La qualità anche sulla stampa, che risolve un terzo delle linee/mm della Retro 80s ha permesso comunque una definizione assoluta, e ancora non è percepibile la grana della pellicola. ROLLEI RETRO 80S, NIKON F-601 AF, MICRO NIKKOR 60mm f/2.8 D ROLLEI SUPERGRAIN 1+15, 11’, 20°C, ECOSTOP 1+19, 1’, ECOFIX 1+4, 5’ DURST M 670 VC, DURST NEONON 50mm f/2.8 ROLLEI VINTAGE RC 314 PEARL, 25X30,5 cm ECOPRINT 1+7, 2’, ECOSTOP 1+19, 1’, ECOFIX 1+7, 2’ INGRANDIMENTO 19X, PARI A UNA STAMPA FORMATO 50×70 cm. ca.

Chiudiamo in bellezza con questo still life n ombra realizzato con la Canon AE-1 e il 50mm f/.18 a diaframma f/8; nell’ingrandimento successivo avrete un’idea più netta del livello di risoluzione, 180 linee/mm della Rollei Retro 80S, senza contare la qualità dell’ottica, prodotta nel 1976…
Conclusioni
I risultati
Nonostante abbia utilizzata la Rollei Retro 80s in formato 135 anziché 120 i risultati, innanzitutto in termini di risoluzione, sono sbalorditivi, così come è sbalorditiva la finezza della grana e la gamma tonale.
Avendo usato il filtro deep red rosso scuro 29A il 29A, che è più scuro e taglia meglio le frequenza del visibile, sia l’effetto Wood che lo scurimento delle parti serene del cielo sono state eccellenti.
Non ho avuto modo di provare la pellicola per realizzare del ritratti e quindi di valutarne l’efficacia sul fatto che, grazie alla sensibilità spettrale estesa, rende i piccoli difetti della pelle meno visibili
Si potrebbe “contestare” il fatto che, avendo una sensibilità nominale di soli 80 ISO, è possibile utilizzarla a mano libera solo in giornate o situazioni molto luminose o in studio con i flash.
Non è certo la pellicola ideale per il point & shoot, ma i risultati dimostrano come sia eccellente in tutte le altre situazioni
Concludo dicendo, come ho già accennato all’inizio, che nella fotografia in bianco e nero non è sufficiente possedere una attrezzatura blasonata se poi non la si usa correttamente, come spiegato all’inizio, ma soprattutto se non si usa una pellicola eccellente e sviluppata in modo eccellente.
Alla prossima
Gerardo Bonomo.
Gerardo Bonomo
Ringrazio Felix Bielser di Puntofotogroup Milano per aver messo a disposizione il materiale Cokin utilizzato per la realizzazione di questo articolo.
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