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Il corretto caricamento della pellicola nella fotocamera e nella spirale

Caricare correttamente la propria fotocamera a pellicola è la prima operazione inmprescindibile. Se il caricamento non è corretto e la coda della pellicola non si è correttamente agganciata, tutti nostri sforzi di scatto verranno vanificati. Una volta correttamente caricata e riavvolta la pellicola è la volta del caricamento nella spirale per poi sviluppare il negativo nella tank. Questi sono i due temi che affronterò in questo videotutotutorial e nell’articolo.
Buona visione e buona lettura a tutti!
Gerardo Bonomo
www.gerardobonomo.it

 

 

 

 

A prova d’errore

La Kodak Instamatic è stata la prima fotocamera per milioni di persone. Semplice, semplificata, era possibile con un selettore scegliere tra sole e ombra, in interni poteva montare un flash, non aveva ghiera di messa a fuoco o diaframmi, ma soprattutto montava una pellicola, la 126. Una sorta di cartuccia che poteva entrare nella fotocamera in un solo modo, che si armava dopo ogni scatto e alla fine del rullo non era neppure necessario riavvolgerla: la si toglieva dalla fotocamera per consegnarla al negoziante. Una fotocamera appunto ” fall safe”

 

 

Il progresso

Poi, ma c’erano già anche prima delle Instamatic, sono arrivate le fotocamere più complesse e sofisticate, non alla portata di tutti, che necessitano di una certa perizia per il loro funzionamento, a cominciare dal caricamento. Qui due esempi, a sinistra una Nikon Fe a caricamento manuale e a destra una Nikon F 601 AF a caricamento facilitato. In entrambi i casi innanzitutto bisogna essere certi che la pellicola sia correttamente agganciata, prima di procedere agli scatti

Non impossibile, ma complesso

Le cose si complicano con le fotocamere meccaniche: qui una Nikon FE: la pellicola deve essere svolta, passare al di sotto del rocchetto di avvolgimento e la coda della pellicola deve entrare in una delle fessure di detto rocchetto. Poi si chiude il dorso e si comincia a far avanzare la pellicola mettendo alla fine in tensione la pellicola con la manopola di riavvolgimento. L’unico sistema per essere certi che la pellicola si è agganciata – e quante volte si rischia di non agganciarla – è quello di controllare la manopola posta al di sotto del manettino di riavvolgimento: se quando si arma la fotocamera la manopola gira significa che la pellicola è agganciata, diversamente bisogna aprire il dorso e rifare, questa volta correttamente la manovra. Tutto questo discettare può sembrare superfluo fino al giorno in cui non capiterà o è già capitato di scattare 36 straordinarie fotografie e notare che dopo il trentaseiesimo fotogramma è ancora possibile riarmare la fotogramma. Verso il trentanovesimo fotogramma comincia a sorgere qualche dubbio, poi la sconfortante certezza che la pellicola non è stata correttamente caricata. Brutta storia…

Coda fuori o coda dentro?

Nella maggior parte delle fotocamere automatiche, una volta che la pellicola è stata completamente riavvolta, la coda rimane fuori, mentre nelle fotocamere a riavvolgimento manuale sta all’utente se decidere se lasciare la coda fuori o dentro perchè nel momento in cui, a riavvolgimento terminato, la coda si stacca dal rocchetto si avverte una certa tensione sulla manopola di riavvolgimento e un rumore tipico. Il mio suggerimento e far rientrare SEMPRE la coda della pellicola così da essere certi che la pellicola è stata esposta; è capitato di pellicole a cui è stata lasciata la coda fuori, inserite nella tasca della borsa fotografica, essere scambiate per pellicole vergini, ricaricaricate per ottenere poi 36 non volontarie doppie esposizioni…

 

L’estrazione della coda della pellicola.

Esistono due sistemi per estrarre la coda della pellicola; il primo deve avvenire nel buio più assoluto: utilizzzando lo strumento indicato qui sopra nell’immagine di sinistra si scoperchia il rullo e ci si ritrova con tutta la pellicola in mano; è un’operazione più complessa di quella che andrò a breve a spiegare perchè la pellicola in questo modo tende a “boccolarsi” non è facile al buio più assoluto individuare l’ingresso della pellicola nella spirale, e se qualcosa andasse storto, come una spirale che forza perchè leggermente umida, non si può riavvolgere la pellicola nel rullino. Molti usano questo sistema per evitare che la pellicola, estratta dal rullino integro, passando attraverso i velluti di protezione sul bordo del rullino stesso rischi di rigarsi, ma va tenuto presente che la pellicola ha già attraversato una prima volta i due velluti durante il caricamento il fabbrica, una seconda volta nella fotocamera man mano che è stata impressionata e una terza volta uqando è stata riavvolta nel rullo. Si tratta poi di velluti particolari che ovviamente in alcun modo possono graffiare la pellicola.

Il secondo sistema, che è quello che io prediligo prevede l’uso di un estrattore, visibile in alto nella foto di destra; ne esistono in commercio a decine ma io preferisco quello della A.P., non sbaglia un colpo. Dopo aver ruotato in senso antiorario la pellicola per qualche istante, si inserisce tra i due velluti la prima lamina, si ruota con dolcezza sempre in senso antiorario finchè non si sentirà un primo “click”; al quarto click si inserisce nella pellicola la seconda lamina e poi, tenendo il rullo nella mano sinistra e l’estrattore nella destra, si separano i due elementi con dolcezza: nel 99% vedrete riapparire la coda della pellicola!

 

La scelta della spirale

Posto che le migliori spirali ( e tank ) al mondo sono in acciaio perchè non trattengono alcun tipo di chimica anche dopo un lavaggio sommario, le spirali e le tank più diffuse sono le Paterson; la relativamente nuova versione che non necessita di guarnzioni e di filettare l’imbuto superiore alla tank, una volta chiuse con il loro coperchio in gomma, non fanno trafilare neppure una goccia di chimica. La spirale, a seconda di come viene montata, è in grado di accettare sia le pellicole 135 che 127 che 120. C’è però un altro tipo di spirale – e di tank – della spagnola A.P.: la tank deve essere avvitata ma le spirali, come si nota dalle frecce, hanno un imbocco per la pellicola molto più larga, utile quando si carica una pellicola 135, direi di vitale importanza quando si carica una pellicola 120, soprattutto qundo si è alle prime armi. Le spirali A.P. sono perfettamente compatibili con le tank Paterson.

 

 

Il taglio della coda della pellicola

Soprattutto se si decide per l’apertura del rullino al buio, ma in ogni caso, si suggeriscono un paio di forbici corte, affilate e con la punta stondata, così da evitare di ferirsi involontariamente; dopo aver tagliato la coda, rispettando le perforazioni, si procede con la smussatura dei bordi della pellicola: questo facilita lo scivolamento della pellicola nella spirale

Barba e capelli

A differenza delle spirali in acciaio che possono accogliere la pellicola anche se completamente bagnate, le spirali come quelle di Paterson devono essere completamente asciutte. la pellicola è igroscopica e non solo basta una gocciolina d’acqua nascosta tra le spire della spirale,, ma anche una leggera umidità perchè a un certo punto il caricamento della pellicola rallenti fino a bloccarsi, non dimentichiamo che una pellicola 135 è lunga circa 160 cm, immaginate l’attrito a cui è sottoposta man mano che netra nella spirale. Ma basta un comune phon, regolata perchè emetta aria calda e non incandescente – si rischierebbe di deformare la spirale – perchè la spirale sia davvero perfettamente asciutta e il caricamento fili liscio come l’olio.

L’inserimento della pellicola nella spirale

A questo punto, aiutandosi con le alette laterali della spirale, si inserisce dolcemente la pellicola fino a che oltrepassi le due sferette di acciaio, una è indicata con la freccia rossa, che fanno sì che nel momento in cui si ruotano avanti e indietro le due metà della spirale, la pellicola sia obbligata ad avvolgersi lungo le spire senza poter tornare indietro. E’ chiaro che al buio la cosa è più complessa, non indicata per i principianti principianti o no, a questo punto si lavora nel buio più assoluto fino a che tutte la pellicola è entrata nella spirale per procedere poi, usando sempre forbici smussate, a separare il rullino dalla pellicola; è il momento di inserire la spirale nella tank, chiudere l’imbuto e, finalmente, riaccendere la luce!

Il caricamento della pellicola nella spirale

Nel buio più completo si comincia a srotolare la pellicola, un venti, massimo trenta centimetri per volta e muovendo in senso alternato le due parti della spirale la pellicola inizia a caricarsi; notate la freccia rossa che indica il mignolo della mia mano sinistra che sfiora l’emulsione: mi serve per capire quando la pellicola è risalita fino a che sento il rullino, per srotolarne altri centimetri e continuare così fino alla fine: quando tutta la pellicola è stata caricata, usando le formbici a punta stondata si separa la pellicola dal rullo ed è finalmente possibile inserire la spirale netta tank.

L’alternativa total day light: Lo sviluppo della pellicola nella tank day light: la LAB-BOX

Ho già parlato diffusamente nel mio sito di questo sistema alternativo, QUI , potete trovare uno degli articoli più esaustivi con relativo videotutorial.

La LAB-BOX è una tank che è stata concepita dall’italianissima Ars Imago; prende spunto da una sviluppatrice daylight degli anni 60′ di Agfa, la Rondinax, ma è stata resa più versatile in quanto in grado di sviluppare sia pellicole 135 che 120.  Qui il caricamento della pellicola nella spirale avviene in piena luce, non c’ bisogno nè di una camera oscura nè di altri artifizi come la changing bag. Inoltre visto che la parte iniziale del caricamento avviene alla luce del sole, è il prodotto consigliato innanzitutto per chi preferisce non impratichirsi da subito con la tank tradizionale al buio più assoluto. La LAB-BOX può lavorare sia con lo sviluppo tradizionale che per il monobagno che permette, a seconda del tipo di monobagno, di ottenere un negativo perfettamente sviluppato e fissato in un tempo variabile tra i 6 e gli 8 minuti, indipendentemente dal tipo di pellicola

Conclusioni

eccoci al termine: abbiamo analizzato il corretto caricamento di una fotocamera 35 mm e il corretto caricamento della pellicola nella spirale, forse non due elementi tra i più fondamentali nella tecnica fotografica analogica ma comunque, entrambi, di vitale importanza.

Come ho già riferito, durante i miei corsi sarà l’allievo stesso a imparare il corretto caricamento della propria fotocamera e in questo caso della tank. Nonostante la dovizia di particolari e suggerimenti che spero di avervi trasmesso sia nel videotutorial che nell’articolo, provare anche solo queste due procedure di persona, con la supervisione di un docente, è un altro paio di mani.

Così, ce ne ritroveremo quattro…

Buona luce a tutti !

Gerardo Bonomo

 

 

Gerardo Bonomo

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