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Nikon FM3A: la REGINA

In questo primo di una serie di articoli e videotutorial sulla Nikon FM3a mi soffermerò innazitutto sul periodo storico in cui venne concepita e sui prinicipali aspetti d’uso, in modo sommario. Entrerò più nel vivo sia dell’utilizzo che dei risultati negli articoli successivi.

Buona lettura

Gerardo Bonomo

Un po’ di storia personale.

Metà degli anni 80. Montagna, fine ottobre, freddo. Mi incammino per i boschi con la mia Nikon FE, eccezionalmente caricata con pellicola diapositiva e comincio a scattare; poco dopo la macchina l’otturatore smette di scattare; la batteria era quasi esausta e il freddo l’aveva completamente esaurita; non m resta altro da fare che lavorare con l’unico tempo di scatto meccanico, 1/90 di secondo. Superfluo dire che non ho una batteria di scorta e che nel bosco ci sono pochi negozi che vendono fotocamere. Senza esposimetro soprattutto e comunque con un solo tempo di scatto meccanico, per di più su diapositiva, che non ammette errori, continuo a scattare; alla fine porto a casa qualcosa, ma quella sarà anche l’ultima volta in cui girerò senza una batteria di scorta. Penso comunque che dover dipendere da una batteria non è il massimo, pensando a quante fotocamere medio formato non hanno una batteria, ma otturatori meccanici e naturalmente la necessità di un esposimetro esterno; nel frattempo gli anni passano.

La produzione digitale Nikon negli anni 90′: le compatte.

1997

Nikon lancia la sua prima fotocamera digitale la Coolpix 100, 0,3MP, 512×480 pixel con interfaccia PCMCIA integrata per scaricare le immagini sul computer,. A seguire la 300, 640×480 pixel con interfaccia SCSI.

1998

Esce la 600, 1024×768 e slot per CF, la prima vera compatta digitale di Nikon. Ma è anche l’anno della 900 e della 900s, dotate di un particolare corpo, chiamato Swivel Body, che permette all’ottica di ruotare indipendentemente dal corpo macchina; è una fotocamera composta da due pezzi distinti, il primo monta l’ottica, il secondo l’alloggiamento per le batterie e la scheda di memoria, è una compatta che attira però l’attenzione anche dei professionisti

1999

Esce la Coolpix 700, 1600×1200 pixel e nello stesso anno la 775 e la 800

2000

Esce la 880, 2048×1536 pixel, ma nel frattempo Nikon presenta altre tre fotocamere Swivel Body, la 950, la 990 e la 995 con sensore da 2048×1536

Dove sta puntando il mercato?

Nonostante le reflex digitali siano diventate una realtà questa è circoscritta, anche a causa del prezzo, ai professionisti, e sono quindi ancora in produzione sia reflex analogiche per appassionati che anche, comunque per professionisti. Vengono ancora prodotte le FM10 e le FE10 nel settore delle manual focus ( la F3 cessa di essere prodotta nel 2000 ) . E’ il periodo delle reflex Autofocus, F55, 60, 65, 70, 80 100, e naturalmente F5 e F6. Arriverà poi la Nikon F100 e la Nikon D2x: la strada è segnata: una parte del pubblico si è già avvicinata o si sta avvicinando alle fotocamere a pellicola autofocus, un’altra parte alle fotocamere digitali: è l’inizio del Sunset Boulevard delle fotocamere analogiche manual focus a pellicola.

La F6 e la Nikon FM3A saranno le ultime reflex analogiche prodotte, e rimarranno in produzione fino al 2006, anno in cui esce la D100 e soprattutto la Nikon D70, la prima reflex con un prezzo “rivoluzionario” che sdogana il digitale anche per gli appassionati nikonisti. Inizia un temporaneo tramonto dell’analogico tra gli appassionati,  mentre sparisce letteralmente, come neve al sole, il mondo delle compatte analogiche, ovvero della negativa colore “della domenica” che da sola è responsabile del 90% della produzione mondiale di pellicole e del 100% della realizzazione di stampe fotografiche 10×15, che nuovamente sfiorano il 100% del numero di stampe mondiale. Inizia il crollo verticale delle aziende produttrici di pellicole e carta e al contempo la salita verticale dei produttori di fotocamere. L’avvento dello smartphone ancora una volta scioglie nel giro di pochi semestri tutto il business delle compatte digitali, facendo crollare questa volta i produttori di fotocamere.

Il formato APS: “Problema locale” ( Cit: dal film Mississipi Bourning )

Nel 1999 il mondo della fotografia analogica tenta di lanciare il suo ultimo canto di cigno morente con il sistema APS, ma è troppo tardi: il digitale npn è alle porte, è ormai realtà.

L’Advanced Photo System chiamato anche APS, è un sistema di fotografia analogica basato su un formato di pellicola a tecnologia ibrida (immagine chimica + informazioni magnetiche) lanciato nel 1996 ed attualmente (2013) dismesso. Venne commercializzato dalla Eastman Kodak sotto il nome Advantix, dalla Fujifilm come Nexia, dalla AgfaPhoto GmbH come Futura e dalla Konica come Centuria.

Nell’intenzione dei produttori i vantaggi del sistema erano:

  • Risparmio nella chimica dell’argento, grazie al formato minore
  • Riduzione delle dimensioni e del peso delle fotocamere
  • Completa automazione del photo-servicing grazie ai dati registrati su ciascun fotogramma
  • Flessibilità per l’utente, in merito alla possibilità di scelta del fattore di forma (aspect ratio) della singola immagine.

Il sistema non divenne popolare, anche per il costo delle fotocamere, superiore alle analoghe compatte per il 35 mm; furono lanciate anche (poche) SLR, generalmente ignorate dal mercato probabilmente a causa del piccolo formato del fotogramma, ritenuto “non professionale”.

La pellicola è larga 24 mm e può avere tre formati d’immagine:

  • H per “Alta definizione” (30,2×16,5 mm; rapporto d’aspetto 16:9; 4×7″ stampa)
  • C per “Classico” (25,1×16,7 mm: rapporto d’aspetto 3:2; 4×6″ stampa)
  • P per “Panoramico” (30,2×9,5 mm; rapporto d’aspetto 3:1; 4×11″ stampa)

I formati C e P sono “costruiti” attraverso operazioni di cropping. L’immagine completa viene impressa sulla pellicola, ed un’immagine impressa in un rapporto d’aspetto, può essere ristampata in un altro. Il formato C ha un rapporto (3:2) uguale ad una pellicola 135. Molte fotocamere APS (con alcune eccezioni per le usa e getta) possono usare tutti e tre i formati; il formato selezionato è indicato sulla pellicola, con una serie di caselle impresse otticamente sul bordo inferiore dell’immagine o registrata sullo strato magnetico, a seconda della macchina.

La pellicola è basata sul polietilene naftalato ed è avvolta su una singola bobina di plastica alloggiata in un caricatore alto 39 mm. La base del caricatore ha forma quasi ellittica, i suoi assi misurano rispettivamente 21 mm e 30 mm.

L’uscita della pellicola è protetta da una porta a prova di luce. Sono disponibili rullini da 40, 25 e 15 fotogrammi. La superficie della pellicola ha uno strato magnetico trasparente ed alcune fotocamere usano questo strato per registrare i dati di ogni esposizione.

La fotocamera carica la pellicola, la avanza e la riavvolge automaticamente. La pellicola parzialmente esposta può, in certe fotocamere, essere riavvolta e rimossa (senza perdere fotogrammi) per essere usata successivamente. I simboli presenti sul top del rullino (chiamati indicatori visuali), indicano gli stati:

  1. Cerchio pieno: non esposto
  2. Mezzo cerchio: parzialmente esposto
  3. Croce: pienamente esposto ma non elaborato
  4. Rettangolo: elaborato

La principale caratteristica delle pellicole APS era la possibilità di registrare informazioni oltre all’immagine. Queste informazioni erano usate per stampare il rapporto d’aspetto, ma potevano anche essere usate per registrare data ed ora della foto ed i dati di posa come la velocità dell’otturatore e le impostazioni di apertura. Queste informazioni potevano essere impresse sul retro (o più raramente sul fronte) della foto, o usate per migliorare la qualità di stampa.

Ci sono due metodi per memorizzare le informazioni sulla pellicola: “magnetic IX” ed “optical IX”.

Optical IX, impiegata sulle fotocamere meno costose e quelle monouso, utilizzava una fonte di luce per imprimere un quadratino sulla pellicola, fuori dall’area negativa dell’immagine. Questo metodo era limitato a determinare il rapporto d’aspetto della stampa finita.

Magnetic IX, usata nelle fotocamere più costose, consentiva un maggior scambio di informazioni. Alcune fotocamere avanzate con il magnetic IX permettevano all’utente di specificare una didascalia predeterminata da stampare sulla foto, oltre a memorizzare i dati di esposizione e a determinare il rapporto d’aspetto della stampa.

Diversamente dalle pellicole 135, l’elaborazione delle pellicole APS viene memorizzata nel rullino originale. Per l’identificazione, ogni rullino APS ha dei codici ID memorizzati magneticamente in una etichetta visibile alla fine di ciascun negativo elaborato. Questi ID sono solitamente stampati nel retro di ogni singola copia e sono stati progettati sia a favore del fotoprocessore (che può facilmente accoppiare ciascuna banda magnetica della pellicola elaborata con il suo rullino, ed ognuno di questi ad un particolare ordine del cliente) che per il consumatore, che può facilmente individuare il corretto rullino qualora desideri una ristampa.

Per facilitare l’elaborazione automatica della pellicola un unico numero DX è assegnato ai differenti tipi di pellicole.

Le pellicole APS sono tipicamente elaborate usando una piccola macchina per trasferire la pellicola APS esposta dal rullino originale a quello di processo, per poi riattaccarla e riavvolgerla al rullino originale, usando un’altra macchina dopo l’elaborazione. Al cliente la pellicola sviluppata viene restituita riavvolta nel suo caricatore originale.

Le pellicole APS sono risultate anche uno dei formati di pellicola più problematici da stampare. La pellicola si incastrava sovente nelle macchine di stampa e scansione, con evidente danno per la produttività del laboratorio.

 

Il formato è stato introdotto nel 1996 da Kodak, Fujifilm, Minolta, Nikon, Canon ed altri, principalmente destinato alle fotocamere mira e scatta amatoriali, nonostante siano stati prodotti anche alcuni sistemi SLR: Canon EOS IX, Minolta Vectis, Nikon Pronea.

Nel caso delle SLR alcune marche hanno conservato la preesistente baionetta per il 35 mm, consentendo di usare le vecchie ottiche sul nuovo formato (seppure con un effetto moltiplicatore della focale, a causa del fattore di crop); al contrario, una lente per l’APS, anche nel caso di baionetta identica, non può essere usata sul pieno formato a causa del minor cerchio di copertura (vignettatura). Ad esempio, la serie di lenti Nikon IX non è compatibile con le SLR Nikon da 35 mm, mentre le lenti per le SLR Nikon da 35 mm sono compatibili con la Nikon Pronea.

Comunque tutti i produttori hanno presentato serie di lenti apposite per il sistema APS, che grazie al cerchio di copertura minore (dovendo coprire un fotogramma più piccolo), godevano di volume e peso inferiori. Questa esperienza di fabbricazione si è poi rivelata utile per lo sviluppo delle ottiche per il corrispondente formato dei sensori APS-C delle reflex digitali.

Le fotocamere SLR APS analogiche risultarono al loro apparire troppo costose per il mercato amatoriale, inoltre i fotografi professionali rimasero legati alle fotocamere SRL da 35 mm, che offrivano maggior scelta di pellicole, migliore qualità d’immagine e photoprocessing più accurato (stampa ed elaborazione manuale).

Al momento il termine APS-C è comunemente usato in riferimento a varie marche di SLR digitali che montano sensori d’immagine di dimensioni e fattore di forma (3:2) equivalenti a quello della rispettiva pellicola. Il termine APS-H è stato invece adottato da Canon per indicare un sensore maggiorato, di dimensioni intermedie tra il Full Frame e l’APS-C, (ma non con lo stesso fattore di forma del corrispondente APS-H a pellicola).

 

L’Advanced Photo System è stato un tentativo (tardivo) di aggiornamento della tecnologia fotografica per gli amatori, prima dello sviluppo a prezzi popolari della fotografia digitale. Nonostante le caratteristiche aggiuntive, l’APS non è mai stato considerato dai fotografi professionisti, principalmente perché la superficie del fotogramma è troppo piccola. La superficie delle pellicole APS è solo il 56 % della pellicola 135. Le diapositive a colori, molto popolari tra i fotografi professionisti, non lo sono mai diventate nel formato APS, infatti la loro produzione è stata interrotta abbastanza presto (nonostante la pellicola bianco-nero chromogenic IX240 continui ad essere prodotta). Le pellicole sono attualmente disponibili solo in una limitata gamma di velocità e formati.

Le fotocamere APS sono state prodotte principalmente come compatte completamente automatiche, per il mercato dei consumatori “punta e scatta”. Ad ogni modo pochi anni dopo il 1996, data di lancio dell’APS, le compatte digitali con messa a fuoco automatica sono divenute disponibili a prezzi ragionevoli e le vendite delle fotocamere APS a pellicola colarono a picco.

Nel gennaio 2004 la Kodak annunciava che la produzione sarebbe cessata.

Nel 2009 sono state viste raramente fotocamere APS in vendita. L’ultima ditta che produceva ancora pellicole APS, la Fujifilm, ne ha cessato la produzione nel 2012.

 

 

E Nikon continua

Nel 2004, quando ormai la produzione di fotocamere analogiche è di fatto terminato, o se non altro la presentazione dei nuovi modelli, Nikon presenta la F6, una ammiraglia autofocus allo stato dell’arte, in grado di imprimere tra un fotogramma e l’altro i dati di scatto, ma non solo, grazie a una scheda di memoria alloggiata nel dorso, una volta sviluppata la pellicola e inserita in uno scanner di Nikon insieme alla scheda di memoria, negli Exif delle immagini scansionate appaiono i dati di scatto. Il 2006 è l’anno in cui cessa la produzione della Nikon FM3A. Ho voluto soffermarmi su questi aspetti per meglio chiarire come Nikon, pur essendo naturalmente una società che punta come ogni società al prodotto, ha sempre avuto una filosofia diversa da altre aziende, mantenendo in questo caso vivo l’analogico oltre ogni ragionevole dubbio. E se oggi nel mercato dell’usato analogico Nikon primeggia, non è certo un caso.

 

Nikkormat EL: alle origini di un mito

Le fotocamere reflex Nikon si basavano sull’esposizione manuale, ad eccezione di alcuni modelli, fino all’introduzione della Nikkormat EL. In risposta alla selezione della velocità dell’otturatore da parte dell’utente, il tempo di funzionamento dell’otturatore è stato impostato sul regolatore azionato meccanicamente. L’otturatore aveva bisogno di un po ‘di energia per funzionare, sebbene il funzionamento della leva per l’avanzamento del film fungesse da orologio per caricare l’energia al’otturatore, ovviando alla necessità di una batteria. A quei tempi, quando le batterie erano difficili da ottenere a differenza degli ultimi anni, o in regioni gelide dove le batterie non funzionano, gli otturatori di controllo dell’esposizione manuale sono state molto utili.
Molti utenti richiedevano entrambe le funzionalità, la praticità di AE a priorità di apertura e l’affidabilità del funzionamento dell’otturatore a controllo meccanico senza batteria (alcuni modelli con otturatore a controllo elettronico sono stati progettati per consentire il controllo dell’otturatore meccanico a una sola velocità, ad esempio 1/90 di secondo per uso di emergenza in caso di esaurimento della batteria, vedi Nikon FE, per citare un esempio).

Successivamente Nikon ha prodotto sia modelli con otturatore completamente meccanico, come la Nikon FM, FM2, FM2n, che modelli con otturatore elettromagnetico come la Nikon FE, FE2. Mentre le prime senza batteria funzionavano su tutti i tempi pur non potendo attivare l’esposimetro, le seconde, senza batteria, funzionavano su un unico tempo meccanico.

Nasce così l’idea della Nikon FM3A: una fotocamera in grado di funzionare su tutti i tempi senza batteria o a batteria scarica, e di funzionare in priorità di diaframmi, grazie al suo otturatore ibrido, a batteria carica.

Questo progetto è sostenuto in modo mirabile anche dal punto di vista del marketing, differenziato per ogni Paese. Nital la presenta in modo ammirevole, per aprire il documento basta cliccare QUI

Nikon FM3A e Nikon F3HP

Due fotocamere che andrebbero mostrate in diversa sequenza, visto che la F3HP è stata presentata prima della FM3A, ma quest’ultima a mio parere è un pò il sunto, l’evoluzione, lo stato dell’arte delle Nikon FM e FE e derivate.

La Nikon FM3A ha in sostanza un doppio otturatore, meccanico ed elettromagnetico che le permette di scattare con TUTTI i tempi di scatto anche a batteria completamente scarica. Con la batteria carica si attiva la priorità di diaframmi, elettronica naturalmente. Al posto di tempi come 1/4000 di secondo io avrei preferito la possibilità di impostare manualmente tempi lunghi fino a 8 secondi, come nella Nikon FE, ma tant’è. La FM3A è forse l’unica o una delle pochissime fotocamere al mondo a funzionare su tutti i tempi con e senza batteria. Le dimensione esterne sono le medesime delle FM e FE ma durante la progettazione furono non pochi i problemi che sorsero per consentire agli operai di inserire nello chassis entrambi gli otturatori, senza cambiare le misure esterne. A mio parere un vero gioiello, presentato insieme all’obiettivo pancake, qui raffigurato, il 45mm f/2.8 P, dotato di serie di un paraluce che ha qualcosa di incredibile nella forma, e che protegge tanto la lente frontale da eventuali sfioramenti delle dita che soprattutto dai raggi di luce parassita. La FM3A, sia in versione silver che black, con o senza il suo pancake, è forse una delle fotocamere Nikon che ha tenuto, nel mercato dell’usato, praticamente lo stesso prezzo di quando fu presentata ed è forse la fotocamera che dimostra più di ogni altro di quanto sia più valorizzate oggi le fotocamere meccaniche rispetto a quelle autofocus.

La Nikon F3HP è stata all’epoca la flagship di Nikon. Propone gli stessi tempo della FE, ma, essendo di livello professionale, ha sia gli schermi di messa a fuoco che addirittura il pentaprisma e relativo mirino intercambiabile. Un solo tempo di scatto meccanico, ma sollevamento intenzionale dello specchio, la possibilità di lavorare anche con le ottiche F, e nella versione HP / (High Eyepoint) permette di visualizzare il 100% dell’immagine inquadrata anche mantenendo l’occhio a 2 cm dall’oculare, ideale soprattutto per chi porta gli occhiali. Nel display è possibile osservare il diaframma impostato grazie al micropentaprisma che punta sulla seconda ghiera serigrafata dei diaframmi comune a tutti gli obiettivi Nikon – e a tutte le fotocamere Nikon fin qui citate – e un piccolo display a cristalli liquidi – per l’epoca una feature straordinaria – retroilluminabile. A differenza dei modelli fin qui citati, durante il caricamento della pellicola, non è possibile intervenire sui tempi fino a che la pellicola non si posiziona sul primo fotogramma, come su tutte le fotocamere successive autofocus; un piccolo rimpianto per chi riuscirebbe a cavare 39 fotogrami da un rullino da 36 pose. Non posso addentrarmi oltre sulle specifiche, sono ancora alla N di Nikon, e per di più manual focus… la Nikon F3HP AF è stata di fato come già spiegato, la prima reflex autofocus al mondo.

 

Complicazioni

Tra gli oggetti d’uso quotidiano che annoveriamo c’è indubbiamente l’orologio e nel nostro caso la fotocamera. Non v’è alcun dubbio su quanto una fotocamera sia enormemente più complicata e abbia un numero di parti infinitamente superiori rispetto al più blasonato degli orologi…

 

Il primo capitolo su questa straordinaria fotocamera termina qui. Nei prossimi capitoli vedremo insieme il funzionamento di ogni parte, l’uso sul campo, lo sviluppo del negativo e commenteremo i risultati

Buona luce a tutti!

 

Gerardo Bonomo

 

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