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YASHICA MAT 124 G. PERCHE’ NON SI VIVE DI SOLA ROLLEIFLEX

La Yashica 124 G è una reflex biottica prodotta da Yashica tra il 1970 e il 1986. È stata l’ultima biottica prodotta dalla casa che vi ha riversato tutto il suo know how. Leggera, compatta, dotata di esposimetro incorporato a luce riflessa in grado di funzionare con batterie bottone – a differenza di Rolleiflex, le cui cellule esposimetriche sono a estinzione – Yashica agli inizi è stata pensata per accontentare chi si voleva avvicinare al medio formato ma non poteva permettersi una Rolleiflex. Grazie alla sua eccellente qualità, all’esposimetro incorporato funzionante a batterie e all’innesto filtri mutuato dal BAY di Rolleiflex, oggi è una macchina cult, molto ricercata. Qui l’ho testata con una Rollei RPX 25 e una Rollei Infrared, Buona visione Gerardo Bonomo

All’interno dell’articolo troverete in formato PDF il manuale di istruzioni in italiano, il manuale di riparazione in inglese, e il manuale per la sostituzione della batteria al mercurio con l’attuale batteria alcalina, oltre a diversi PDF in lingua giapponese e inglese.

Al termine dell’articolo una galleria di immagini de prodotto oltre alle riproduzioni di diverse campagne pubblicitarie dell’epoca.

Buona lettura

Gerardo Bonomo

6X6 = 36

Tra le poche armi che abbiamo a disposizione noi, che scattiamo su pellicola, c’è indubbiamente il formato, l’area di stampa utile. Il 6×6 è un medi formato, nato quadrato per permette al professionista di scattare senza doversi preoccupare se inquadrare in orizzontale o in verticale, così da scattare più rapidamente, lasciando la scelta del taglio in fase di stampa; un fotogramma 6×6, anche ritagliato a prendere le stesse proporzioni di un negativo 24×36, è quasi 43 volte più grande, il che significa che a parità di formato di stampa, fa ingrandito tre volte dimeno; tre volte meno grama, tre volte più gamma tonale.

 

Un po’ di storia

La Yashica 124 MAT G è una reflex biottica prodotta da Yashica tra il 1970 e il 1986. È stata l’ultima biottica prodotta dalla casa che vi ha riversato tutto il suo know how.

Come tutte le reflex biottiche è dotata di un obiettivo superiore che rimanda l’immagine al vetro smerigliato da cui si controllano inquadratura e messa a fuoco, e un obiettivo inferiore di ripresa (superiore (visione) Yashinon 80 mm f/2,8; inferiore (ripresa) Yashinon 80 mm f/3,5). Nello specifico l’ottica di ripresa è un yashinon clonato dallo schema tessar, di buona qualità, a detta di molto indistinguibile dal tessar vero e proprio se non per una resa leggermente minore di contrasto e un trattamento antiriflesso di minor qualità che crea fastidiosi flare in controluce spinti.

A differenza di molte imitazioni della Rolleiflex (Ricoh Ricohmatic, Kowa Kalloflex, corpi cinesi Seagull, francesi Semflex e tedeschi Welta Reflekta) di casa Franke e Heideke, le Yashica 124 e 124 G sono considerate macchine di ottima qualità costruttiva, come d’altronde le Autocord della Minolta. La grande diffusione nel campo amatoriale, e non solo, che ebbero all’epoca fa sì che ad oggi si possano considerare una validissima alternativa alla Rolleiflex.

Schermo di messa a fuoco smerigliato con lente di Fresnel e zona centrale finemente smerigliata. È dotata anche di una lente d’ingrandimento mobile per la messa a fuoco di precisione. L’esposimetro (assente nelle prime Rolleiflex e in molte imitazioni di fascia inferiore alla Yashica) è dotato di cellula al CdS (non al selenio come sulle Rolleiflex che alla lunga necessita di essere sostituito), accoppiato ai tempi e ai diaframmi; l’esposizione è naturalmente manuale. Le sensibilità della macchina vanno da 25 a 400 ASA.

L’otturatore meccanico Copal SV, incorporato nell’obiettivo inferiore, permette la sincronizzazione del flash su qualunque dei tempi disponibili da 1 secondo a 1/500 di sec più la posa B (bulb). Offre la possibilità dell’autoscatto. Avanzamento pellicola: manovella sul lato destro con rotazione di 360°. Alimentazione: 1 pila al mercurio da 1,35 volt, tipo PX 625. Questa è forse l’unica nota dolente di questa macchina fotografica: la Yashica necessita di questo modello di pile difficile da reperire. Da notare tuttavia che la pila serve solo ad alimentare l’esposimetro, per cui i meccanismi funzionano anche senza alimentazione.

Dimensioni: 148x101x77 millimetri. Peso: 1100 grammi.

( Fonte: Wikipedia )

 

Nel lontano 1953..

Yashica presenta la sua prima twin lens, la Pingeon, seguita immediatamente da un modello decisamente più innovativa, la Yashicamaflex.

E’ chiaro che in quel periodo le REGINE indiscusse erano Leica e Rolleiflex e il Giappone, anche se già lavorava alacremente a migliorare o comunque performare i prodotti tedeschi, di fatto si limitava a “ispirarsi”. Il risultato finale, però, e l’abbiamo ancora oggi sotto gli occhi, non è affatto disdicevole. Non disponendo di una Rolleiflex durante la prova non ho potuto fare il confronto tra lo Yashinon e il Planar, ma credo che in stampa la differenza non sia poi così abissale, ma è un azzardo, perchè non ho prove di confronto. Non è un azzardo invece fare un confronto di prezzi, tra una Yashica Mat 124 G e una Rolleiflex coeva, anche se negli ultimi anni la Yashica ha trovato nel pubblico molti proseliti, e non necessariamente e solo per il prezzo differente. Non dimentichiamo che nel piccolo formato Yashica con le sue reflex, come la FX3 Super 2000 e l’attacco obiettivi compatibili con gli obiettivi Zeiss, ha “svezzato decine di migliaia di appassionati in erba.

 

Mi piace molto il Lego

Nel 1978 ricevetti in dono una Yashica Mat 124 G, ma prima ancora una Lubitel 166. In quel periodo non eistevano ancora le toy cameras, o meglio, le macchine economiche venivano scelte da chi non poteva permettersi macchine costose o relativamente costose. All’epoca esistevano le toy room, le stanze dei giochi, dove si trascorrevano le giornate a fare e disfare improbabili oggetti col Lego o con il Meccano….

 

Lubitel 166

Negli anni ’80 la Lubitel 166 non era, appunto, una toy camera, ma una quasi dignitosa biottica che costava circa 20.000 Lire. Basta vedere l’esploso della macchina per rendersi congto che non si trattava di una scatola da scarpe con un foro stenopeico. Chiudendo di qualche stop il diaframma si otteneva delle immagini quasi dignitose; in quel periodo la Yashica Mat 124 G costava 120.000 lire che per molti, me compreso, aveva un prezzo proibitivo. Francamente, con la Lubitel feci forse due o tre rulli e non ricordo che fine abbia fatto; mi rendevo conto che la qualità era davvero scadente, anche perchè qualche anno prima ebbi in regalo la Yashica Mat 124 G ( e anche di questa non so che fine le feci fare, forse la rivendetti per comprarmi un pezzo di una reflex 35mm ) e ricordo perfettamente l’eccellente qualità della Yashica rispetto alle stentoree immagini ricavate dalla Lubitel. Coeve di Lubitel tra le biottiche c’erano le Seagull, cinesi, e non russe, Le Mamiya Professional a ottiche intercambiabili e naturalmente le Rolleiflex.L’ultima prodotta, la GX, con esposimetro TTL, costava quasi 9 milioni delle vecchie lire, un prezzo leggermente diverso se paragonato alle 20.000 Lire della Lubitel o alle 100.000 Lire della Yashica Mat

Della Lubitel Wikipedia ne parla così:

Lubitel 166 B è una fotocamera a pellicola prodotta da Lomo, marca russa che dà il nome al fenomeno fotografico conosciuto come Lomografia.

La Lubitel 166 B è una medio formato 6×6 (più esattamente l’area di pellicola impressa è di 5,8×5,8 cm), una fotocamera reflex di tipo biottica (TLR Twin Lens Reflex) con mirino a pozzetto, utilizza pellicole 120. Si tratta di una fotocamera molto economica con il corpo in plastica, le Lubitel sono state prodotte tra il 1980 e il 1989.

L’ottica è un 75 mm con apertura massima f/4.5 (può chiudere il diaframma fino a f/22), l’otturatore a carica manuale può lavorare con tempi da 1/250s a 1/15s con intervalli di 1 EV, inoltre è possibile utilizzare la posa B (bulb) utilizzando un cavo di scatto flessibile (cavo standard di scatto remoto meccanico filettato) o manualmente, dispone inoltre di un temporizzatore meccanico per lo scatto con ritardo fino a 10 secondi (timer), la macchina è dotata di slitta accessori/flash, è sprovvista di esposimetro e non utilizza batterie. La messa a fuoco è manuale, l’immagine nel mirino reflex a pozzetto appare, sul vetrino smerigliato, ribaltata orizzontalmente. Nel pozzetto vi è anche una lente che può essere estratta per permettere la messa a fuoco di precisione.

Il trascinamento della pellicola è manuale e non vi sono meccanismi che evitino l’accidentale doppia esposizione.

La costruzione meccanica della macchina è buona nonostante sia quasi completamente realizzata in plastica, la qualità ottica della lente è buona, lo sfocato è morbido e molto gradevole, i colori delle immagini che produce sono abbastanza contrastati e saturi. Questa fotocamera NON può essere definita una toy camera, in quanto non si tratta di una punta e scatta ma di una vera e propria medio formato anche se qualitativamente non è ai livelli dalle prestigiosissime Rolleiflex o dalle famose Yashica MAT.

 

 

 

 

 

 

 

Bay 1

Yashica  ha prodotto diversi accessori per la sua biottica, dalla  borsa pronto al paraluce fino ai filtri, le lenti addizionali  (la lente tipo 1 permette di lavorare in un range di distanze tra  44-66cm, la n.2  in un range da36-45cm ).e gli aggiuntivi grandangolare e tele. In più gli ingegneri, oltre ad aver “clonato” l’ottica Tessar Zeiss – che forse fa male eticamente ma non sul piano fotografico – hanno provvisto l’ottica da presa di una baionetta per attacco accessori e filtri del tipo Bay 1, ovvero la medesima delle Rolleiflex appunto Bay 1: questo significa che la Yashica accetta i filtri Bay 1, filtri che sono di FONDAMENTALE importanza quando si scatta in bianco e nero. Oggi, con la tecnologia della stampa 3D, è possibile trovare in rete i file per poter riprodurre tanto il paraluce originale che un anello di raccordo con l’attacco maschio Bay 1 da una parte e la filettatura da 55mm dall’altra, per poter montare filtri circolare a vite più economici e facili da reperire rispetto ai filtri originali Rollei. Yashica produsse comunque anche una serie di filtri originali a baionetta, diametro 30mm, oltre a due lenti addizionali dotate di lente superiore da collegare all’ottica da visione con correzione della parallasse, e perfino un aggiuntivo grandangolare e un aggiuntivo tele. L’aggiuntivo tele riduce l’angolo di campo del 25% portando la focale a un 55mm, l’aggiuntivo tele aumenta la focale del 50% portando la focale a circa un 118mm.

Fowa, What – Winkler- else ?

Yashica era distribuita in Italia da Fowa ( come Hasselblad, Metz, Gepe, Contax, Cokin, Minox e chi più ne ha più ne metta. Al pari di altri marchi importati, nella confezione l’utente trovava una sorta di carta di credito con la matricola del prodotto e una garanzia cartacea da compilare e spedire in Fowa. La “carta di credito” veniva poi rispedita al cliente con punzonato il suo nome e cognome, a garanzia e dimostrazione che quel prodotto era di sua proprietà – utile per esempio quando si andava all’estero per dimostrare che il prodotto era appunto di proprietà e non acquistato all’estero e quindi passibili dei dazi doganali – , e per far valere la garanzia nei confronti dell’importatore. Fowa, attraverso il suo laboratorio di assistenza interna, la L.T.R. – tuttora operativo sia per i prodotti importati da Fowa che da Nital – era in grado di effettuare qualunque tipo di manutenzione o riparazione. Alla faccia delle garanzie compilate online….. e dell’assistenza con invio del prodotto oltr’alpe…..

Ho avuto l’onore di conoscere la compianta Signora Helga Winkler, che per decenni è stata l’anima pulsante di Fowa e che già in tempi NON sospetti, aveva capito, con grande lungimiranza , che per porsi sul mercato in modo vincente erano necessarie innanzitutto tre cose:  avere eccellenti collaboratori, scegliere i migliori prodotti da importare e soprattutto assisterli in modo IMPECCABILE sia durante gli anni di garanzia che a garanzia scaduta.

Purtroppo non solo abbiamo perso la Signora, ma anche lo stampo ( al netto delle attuali eccezioni, a cominciare appunto dall’inossidabile Gruppo Fowa/Nital )

Dal 24x36mm al 6×9 cm

Qui vediamo schematizzate le differenze aree di fotogramma, a partire dal formato 24x36mm fino ad arrivare al formato 6×9 cm. Il 6×6 si colloca in posizione di tutta rispetto e, se tagliato in stampa e ridotto al formato 6×4,5 mantiene comunque una differenza di area abissale rispetto al formato 24x36mm

 

Le caratteristiche tecniche.

Reflex Biottica.

Mirino: a pozzetto con visione reflex dall’alto. Schermo di messa a fuoco smerigliato con lente di Fresnel e zona centrale finemente smerigliata. Lente d’ingrandimento mobile per la messa a fuoco di precisione. 

Esposimetro: dotato di cellula al CdS, accoppiato ai tempi e ai diaframmi; esposizione manuale. 

Sensibilità: da 25 a 400 ASA. Otturatore: meccanico Copal SV, incorporato nell’obiettivo inferiore. 

Tempi: da 1 secondo a 1/500 di sec. più la posa B. Sincro flash: M e X, su tutti i tempi di posa. 

Autoscatto: si. 

Ottica: fissa. 

Obiettivi: superiore (visione) Yashinon 80 mm f/2,8; inferiore ( ripresa) Yashinon 80 mm f/3,5. 

Avanzamento pellicola: manovella sul lato destro con rotazione di 360°. Accetta sia le pellicole 120 che 220

Alimentazione: 1 pila al mercurio da 1,35 volt, tipo PX 625. 

Dimensioni: 148x101x77 millimetri. Peso: 1100 grammi. 

Differenze tra Yashica Mat 124 e 124 G: nel modello G, G sta per GOLD: la macchina è provvista di contatti dorati per l’esposimetro incorporato non TTL  al solfuro di cadmio ( CDS ) .

 

 

Yashica –  Rollei:  1-0

Uno dei piccoli grandi vantaggi di Yashica è che l’esposimetro incorporato al solfuro di cadmio è alimentato da una batteria esterna. Rolleiflex, nei modelli provvisti di esposimetro, adottò il selenio, che da un lato è autoalimentato – un vantaggio – dall’altro nel corso del tempo tende a ridurre la propria performance, anche se il molti casi l’esposimetro non risponde a causa dell’ossidazione dei cablaggi – perfettamente riparabili- e non perchè si è esaurita l’aspettativa di vita del selenio. A prescindere, mentre per Rolleiflex è disponibile un accessorio  – Diffusor – per le misurazioni in luce incidente, Yashica non dispone di questo accessorio. Il suggerimento rimane quello che dò sempre: usare un esposimetro esterno in grado di lavorare anche in luce incidente. Il Sekonic FlashMate L308 X è oggi uno degli esposimetri con il miglior rapporto prezzo/prestazioni/versatilità 

 

 

Mercurio, una divinità fuori legge

(Mercurius, nome latino del dio greco Hermes, Έρμής) è il protettore dell’eloquenza, del commercio e dei ladri ( !!! ), nella mitologia greca e romana. Essendo il messaggero degli dei viene spesso raffigurato con le ali ai piedi.

In fotografia il mercurio veniva ( viene ) usato per lo sviluppo dei dagherrotipi, Lo sviluppo avviene mediante vapori di mercurio a circa 60 °C, che rendono biancastre le zone precedentemente esposte alla luce. Tremendamente tossico tanto per inalazione che per contatto, il mercurio è stato bandito dall’umanità, e con esso anche le pile al mercurio, che guarda caso sono quelle che alimentano la maggior parte degli esposimetri di una volta e la Yashica Mat 124 G. Niente paura, perchè in commercio esistono degli adattatori riduttori di tensione che permettono di utilizzare le batterie bottone attualmente in produzione al posto di quelle al mercurio fuori produzione. Lunga vita alla Yashica Mat, quindi.

Qui trovate il manuale di riparazione:  yashica mat 124 g manuale di riparazione

Qui trovate il manuale per la trasformazione dalle batterie al mercurio alle batterie alcaline: Yashica mat 124 g sostituzione batterie mercurio con batterie alcaline

Qui trovate il manuale di istruzioni originale in italiano:  yashica mat 124 G manuale istruzioni

Qui trovate una brochure della Yashicaflex Yashica A & C Directions maNUAL

Qui trovate una brochure della Yashica Mat 124 G in giapponeseYashica 1960 Japanese

E qui trovate una brochure in inglese della Yashica Mat 124 G :Yashica Mat-124G Brochure

 

 

 

 

 

Sul campo.

Ho lavorato con due delle emulsioni che prediligo, la Rollei RPX 25 , – 260 linee/mm base PET – e la Rollei Infrared ( 160 linee/mm base PET, di cui ho ampiamente parlato in due articoli sul mio sito ). Entrambe le pellicola sono state sviluppate in Bellini Hydrofen 1+31, 11 minuti per la RPX 25, 17 minuti per la Rollei Infrared, in entrambi i casi lo sviluppo è stato anticipato da un prebagno di 1 minuto, il tutto a 20°C.

Rollei RPX 25

Qualche scatto su Rollei RPX 25, rigorosamente su treppiedi e con scatto a filo

Interessante l’ultimo, a f/11 con una posa di 8 se ondi – effetto di non reciprocità ): l’erba in primo piano è stata volutamente mossa facendole aria con un pannello di polistirolo che al contempo schiariva la corteccia dell’albero

Rollei Infrared

Qualche scatto su Rollei Infrared, filtro R72.

Effetto Wood perfettamente evidente, anche se la Infrared è una pellicola iperpancromatica e non una vera e propria pellicola IR.

Negli canonici ingrandimenti con diottra appoggiata sul negativo, in blu i decimi di millimetro, in rosso il millimetro.

L’ultimo scatto è stato realizzato con un Nikkor 20mm Ai-S montato invertito su tre tubi di prolunga ( circa 70mm di lunghezza ) il tutto montato su una Nikon D5600.

L’ingrandimento è di circa 30x e “simula” una stampa in formato UN METRO E MEZZO X UN METRO E MEZZO !!!! Tanto la Infrared, che non dimentichiamo, è una 400 ISO, che lo sviluppo in Hydrofen 1+31, che la qualità dell’obiettivo Yashica, NON sono da sottovalutare, con tutto il devoto rispetto per lo Zeiss Planar 80mm con cui sono armate diverse Rolleiflex.

Conclusioni

La Yashica Mat 124 G che ebbi in dono nel 1976 – e all’epoca fu pagata 120.000 lire – e che, come altre fotocamere, ahimè, non è più in mie mani, si è dimostrato essere un’alternativa economica rispetto alla Regina Rolleiflex, ma togliendo punto o poxo sul piano della praticità e della qualità.

Adesso, vogliate scusarmi, rileggendomi mi è venuta una voglia incontenibile di ricomprarmi la Yashica Mat.

Volo in negozio

 

Buon tutto a tutti

 

Gerardo Bonomo

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