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CANON DIAL 35: 72 scatti in 40 secondi, PARTE SECONDA

Eccoci alla seconda parte del lavoro sulla Canon Dial 35, una particolarissima fotocamera prodotta dal 1963 al 1970

L’ho testata con tre differenti pellicole in situazioni estremamente diverse tra loro

 

Ecco i risultati

 

Buona lettura .e buona visione

 

Gerardo Bonomo

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Un breve riepilogo sulla fotocamera

Prima di addentrarci nella prova sul campo, leggete il primo articolo:

CANON DIAL 35: SETTANTADUE SCATTI IN 40 SECONDI. PARTE PRIMA

La Canon Dial 35 è stata prodotta dal 1963 al 1971, in due differenti versioni. E’ una compatta half frame, in grado quindi di scattare 72 fotogrammi su un negativo da 36 pose/135.

Dotata di un design talmente particolare e avvenieristico da farla sembrare una piccola cinepresa, è una compatta a priorità di tempi, nata per un pubblico nient’affatto smaliziato, ma con un progetto e una qualità finale che mi hanno lasciato a bocca aperta.

Il formato half frame è stato spiegato nel prima parte, riassumendo, uno dei motivi era dato dal fatto che moltissime persone – ancora oggi.. – non sanno caricare il rullino nella fotocamera, nè scaricarlo. Prima di un evento o di una vacanza si recavano quindi nel negozio di fotografia a farsi caricare la fotocamera: se gli scatti erano 36 la persona sarebbe tornata chiedendo 36 stampe, se gli scatti erano 72…

 

 

Il corretto caricamento della pellicola

Uno dei plus della Canon Dial 35 è proprio la “sicura d’errore” nel caricamento della pellicola: se la pellicola non si aggancia, ruotando poi la ghiera del motore, il contafotogrammi non si posiziona su “0” e la fotocamera non scatta. Sembra una banalità ma è una sicura fondamentale. Se il contafotogrammi non va zero e la macchina non scatta, significa che la coda non si è agganciata al rocchetto; basta riaprire la macchina e caricare correttamente.

 

 

Posizionare correttamente il selettore degli ISO

Dopo aver caricato la pellicola è di fondamentale importanza posizionare correttamente il selettore ISO corretti, che arrivano a 400 ISO sulla Canon Dial 35 e a 1000 ISO sulla Canon Dial 35 II

 

L’esposizione, proteggere dalla luce diretta la cellula al CDS

La Canon Dial 35 lavora a priorità di diaframmi: la cellula CDS che vedete nell’immagine sovraintende, in base agli ISO impostati e al tempo di scatto selezionato, alla scelta del diaframma. 

E’ necessario che la cellula sia protetta dalla luce diretta, del cielo o direttamente del sole. Io utilizzo il capello su treppiedi, perchè posso valutare meglio se il dial è in ombra, o un paraluce collassabile quando lavoro a mano libera. Ci si accorge comunque se il sole colpisce il Dial perchè colpisce contestualmente anche il mirino, così da poter porre rimedio. Qualora non fosse possibile, come spiegato nella prima parte, si può forzare il diaframma su un’apertura di lavoro preventivata, agendo sulla ghiera di regolazione diaframma che si usa quando si lavora con i flash manuali.

 

Il primo test: Rollei Paul & Reinhold esposta a 400 ISO

Ho esposto la pellicola Paul & Reinhold a 400 ISO, ( la Canon Dial 35 non prevede impostazioni di ISO intermedie ), e l’ho sviluppata come una 320 ISO in Rollei Supergrain alla diluizione 1+12, con prebagno di 1 minuto. 20°C, primo minuto rotazione continua in tank, poi una rotazione ogni 30″ per un totale di 6′ 30″.

La pellicola Paul & Reinhold, creata nel solo formato 135 per celebrare i 100 anni della Franke & Heidecke ( Paul e Reinhold sono i nomi propri dei due inventori di Rolleiflex )  è una pellicola a 640 ISO nominali che può però essere esposta anche a 320 e a 1600 ISO variando il tempo di sviluppo. Di fatto trae le origini dalla Rollei RPX 400, è quindi su base triacetato, e sono stati aggiunti dei particolari catalizzatori nell’emulsione per renderla da un lato duttile, dall’altro per permettere agli utenti di usarla anche a 1600 ISO. Non è certo una scelta felice sul formato half frame ma, causa il fatto che la Canon 35 Dial ha la messa a fuoco a stima, ho preferito pellicole di relativa alta sensibilità per lavorare a diaframmi piuttosto chiusi e compensare con la profondità di campo aumentata gli eventuali errori di focheggiatura a stima.

La pellicola è priva di codice DX, vista la possibilità di esporla su tre differenti sensibilità, bisogna quindi ricordarsi, anche usata nominalmente a 640 ISO di impostare MANUALMENTE la sensibilità desiderata sulla propria fotocamera

Qui di seguito la tabella dei vari tempi e diluizioni in Rollei Supergrain alle varie sensibilità impostate:

320 ISO 1+9 5’ 30”
320 ISO 1+12 6’ 30”
640 ISO 1+9 8’
640 ISO 1+12 9’
1600 ISO 1+9 16’
1600 ISO 1+12 20’

Qui sotto la scheda prodotto:

 Paul & Rehinold scheda prodotto

 

Un primo scatto

Sacro Monte di Varese, Via Crucis, uno scatto di una delle edicole, attraverso i vetri di protezione, è raffigurata Santa Veronica, che ha appena deterso il volto di Cristo e per questo motivo è considerata la prima “fotografia£ nella storia dell’umanità. Santa Veronica è infatti la patrona dei fotografi. Nonostante la messa a fuoco a stima lo scatto è più che accettabile, un pò di fortuna e il diaframma chiuso a f/5,6 ha permesso di avere i soggetti correttamente a fuoco. Anche l’esposizione è corretta.

Ridondanza

Quando non sono sicuro del risultato, io faccio sempre almeno due scatti, è il caso della prima immagine dove ho mantenuto quasi la stessa inquadratura ma ho scattato con due tempi e di conseguenza due diaframmi differenti. E’notevole come l’obiettivo ha tenuto bene il controluce della mano levata contro alla finestra sullo sfondo da cui entrava un raggio di sole.

Nel secondo scatto due immagini realizzate con e senza filtro rosso. Il fogliame non era ancora apparso, e comunque siccome la Paul & Reinhold è una pellicola NON iperpancromatica non mi sarei aspettato comunque l’effetto Wood, ovvero lo schiarimento del fogliame, il cielo invece si è caricato molto bene facendo staccare meglio i treni di nuvole

 

 

 

No tripod ? No photo !

Non c’è nulla da fare, senza treppiedi NON si può fotografare, o meglio, si può fotografare ma poi, guarda guarda, alla fine, lo scatto migliore che ti si pone di fronte verrebbe ESCLUSIVAMENTE se si avesse con sé il treppiedi. Anche un treppiedi da tavolo.

Ed è esattamente quello che mi è successo mentre ero nel Santuario della Madonna del Monte. A parte le impietose candele elettriche ( ma le api non fanno più la cera? ) ho visto questo altare laterale che meritava uno scatto. Poca luce e pochi ISO, alla fine, ho scattato con un tempo leggermente veloce, forse 1/125 e la prima foto, a sinistra ha permesso di leggere le candele focheggiate ma di contro allo sfondo dell’altare sfuocato; così ho deciso di lavorare a 1/30, ma a mano libera, appoggiando il motore della Canon Dial sulla parte superiore dell’iniginocchiatoio e ho ottenuto quello che volevo: intanto lo scatto a tutta apertura in realtà non ha permesso un fuoco perfetto sulle candele perchè ho mal stimato la distanza, il secondo scatto ha permesso una focheggiatura più corretta delle candele e la profondità di campo mi ha permesso di dare più nitidezza all’altare sullo sfondo ma al prezzo di un leggero micromosso.  Alla fine comunque entrambi gli scatti sono venuti come me li immaginavo,, al netto del leggero fuori fuoco di quello a tutta apertura e del micromosso di quello scattato a 1/30 di secondo.

Nell’ultimo scatto un crocifisso al centro del coro illuminato da un raggio di luce; qui non era possibile nuovamente nè usare il treppiedi nè misurare la distanza con un metro estensibile – come faccio di solito alle brevi distanze; ho impostato quella che ritenevo la corretta distanza, ho lavorato a tutta apertura perchè comunque la luce era fioca e non volevo un micromosso, quindi ho usato un tempo di scatto abbastanza veloce, alla fine lo scatto, da un punto di vista tecnico, è risultato perfetto sia nella focheggiatura che nell’esposizione. Di contro in un luogo sacro non è opportuno sfoderare un treppiedi ma sarebbe bastato anche un treppiedi da tavolo, come il PIXI di Manfrotto. Sarà per la prossima volta…

 

 

L’importanza della luce

Due scatti dello stesso soggetto realizzati il primo la mattina, mentre la luce radente del sole illuminava il cartello roso dalle intemperie e il secondo a pomeriggio avanzato, quando il cartello era illuminato solo dalla luce del cielo, a parità di distanza, focale, e diaframma la prima foto sembra molto più nitida e secca, ma questo solo grazie all’effetto bassorilievo e il gioco di luci e ombre creato dalla luce puntiforme del sole. Questo a significare che per ogni soggetto c’è la giusta luce, ma che non sempre è possibile aspettare che cambino le condizioni luminose.

 

I filtri!!!!

L’importanza dei filtri nel bianco e nero è basilare, per scurire i cieli sereni, per togliere il pulviscolo atmosferico, per schiarire la vegetazione – usando determinate pellicole.

Qui vediamo dall’alto, l’impiego del filtro rosso 25a.

nella prima foto a colori ecco come si presentava la scena, senza filtro, con un cielo già saturo sia per la nitidezza della giornata che per la posizione del sole rispetto al cielo; nella seconda immagine lo steso scatto con un filtro polarizzatore che ha reso il cielo ancora più saturo, quasi nero;  seguire la fotocamera senza filtro e il relativo risultato, e ancora la fotocamera con filtro rosso 25A innestato e il risultato: il cielo è decisamente più saturo, nello scatto finale l’esposimetro esterno, il Sekonic L 308x che, visto che sulla Canon Dial è possibile cambiare i tempi ma anche i diaframmi agendo sulla ghiera del flash ( l’ho spiegato nella prima parte ), l’ausilio di un’esposizione in luce incidente è più che utile, per poi aggiungere gli stop necessari a una corretta esposizione con questo o quest’altro filtro il cui potere di assorbimento della luce è sempre noto.

Non tagliare la pellicola half frame

Di solito, dopo lo sviluppo, la pellicola 135 si taglia in strisce da 6 fotogrammi, circa il doppio nel formato half frame. Ma se si lascia la pellicola integra, e si sono state effettuate delle sequenze, soprattutto verticali, è possibile stampare contemporaneamente più frame così da creare sulla stampa una sorta di storia; mascherando o bruciando è anche possibile collimare le differenze tra una esposizione e l’altra. Usando un ingranditore che arriva a stampare fino al formato 6×7 si possono stampare contemporaneamente “quasi” quattro fotogrammi, che diventano cinque effettivi se l’ingranditore arriva fino al formato 6×9 centimetri; certo, bisogna “inventarsi una storia per immagini che abbia una precisa evoluzione e un significato e cercare di mantenere le esposizioni perfettamente allienate tra di loro. Cosa non facile, ma il difficile è uno degli aspetti positivi di fotografare su negativo… !

 

Aggirare il sistema esposimetrico

Ripetiamo qui quanto descritto nella prima parte per “aggirare” il sistema esposimetrico.

Ci sono due modi per aggirare il sistema esposimetrico: il primo è quello di agire sul selettore degli ISO, manovra piuttosto faticosa perchè il selettore ruota, a fatica, agendo col polpastrello su una ghiera dentata – e quasi affilata – in plexiglass che circonda l’obiettivo; il secondo sistema è quello di estrarre il selettore del flash utile per gli accoppiamenti con i flash a bulbo, ruotando il selettore è possibile impostare un diaframma manuale, e forzare così la fotocamera, anche non in presenza di un flash collegato, a impostare il diaframma voluto, di nuovo, anche questo sistema funziona unicamente a batteria carica.

Inutile dire che se il sole colpisce direttamente ll dial l’immagine risulterà immancabilmente sottoesposta, per ovviare basta che il sole non illlumini il dial, ci si può fra scudo con l’ombra di un albero, di un cappello, o usando un paraluce collassabile che abbia il diametro di una focale 50mm pieno formato.

Seconda prova: Rollei Retro 400s

Nella seconda prova ho usato una Rollei Retro 400S, ( Rollei_retro_400S scheda prodotto ) pellicola ben più definita rispetto alla Paul & Reinhold che ho poi sviluppato in Bellini Hydrofen, dopo un simpatico prebagno per eliminare il denso strato antihalo alla diluizione 1+31 per 17′ a 20°C

la Rollei Retro 400S è una pellicola iperpancromatica che risponde usando il filtro rosso 25a con una evidente sensibilizzazione all’infrarosso, massificando lo scurimento dei cieli sereni e schiarendo la vegetazione grazie all’effetto Wood che si manifesta sulla vegetazione densa di clorofilla.

Sia a causa della messa a fuoco a stima, e necessità di lavorare con diaframmi abbastanza chiusi con la certezza di non dover lavorare con tempi di scatto che richiedano il treppiedi – non sempre disponibile – credo che la sensibilità di 400 ISO sia la più indicata per questo tipo di fotocamera, anche se l’half frame, a parità di formato di stampa, costringe a un raddoppio dell’ingrandimento e a un ovvio raddoppio della grana; meglio una fotografia con una grana percettibile ma nitida e senza micromosso che il contrario.

Qui potete trovare la tabella completa dello sviluppo Bellini Hydrofen. Il suggerimento è utilizzarlo sempre alla diluizione 1+31; pagherete ogni sviluppo il 50% in meno, avrete una migliore gamma tonale e una grana più contenuta.

La Retro 400s in bellini Hydrofen 1+31 si sviluppa in 17 minuti, primo minuto agitazione continua, poi un rovesciamento ogni 30 secondi, il tutto anticipato da un prebagno di un minuto per rimuovere  lo strato antihalo.

Bellini Hydrofen

 

 

Il Vespasiano dell’Architetto Giuseppe Sommmaruga

Presentare un grande architetto come il Sommaruga con un’opera apparentemente minore come il Vespasiano che progettò a fianco dell’arrivo della funicolare del Campo dei Fiori può apparire riducente, ma io trovo al contrario grandioso che dei semplici gabinetti pubblici siano in questo modo stati elevati ad opera d’arte. Nella foto di dettaglio è possibile vedere tutto il lavoro liberty delle parti in ferro forgiate a mano sopra la colonna e si intravedono le centinaia di forellini della parete in lamiera che chiudeva pudicamente alla vista l’ingresso.

Sommaruga progettò anche le stazioni di partenza e di arrivo della Funicolare, il Bellavista, il Ristorante e l’Hotel del Campo dei Fiori, questo unicamente sul campo dei Fiori; decine di altre opere architettoniche sono in diversi luoghi, molte a Milano.

 

Bellavista, Sacro Monte e filtro rosso

Uno dei pali rosi dalle i temperie e dai lustri che sostiene il mancorrente del bellavista. Più sotto, sfuocato, il sacro Monte; ero alla minima distanza di fuoco, 80 cm, misurati col metro, e ho lavorato a 1/250 per ottenere il diaframma relativamente più aperta, vista la giornata di sole e la sensibilità della pellicola, quindi f/8 che mi ha permesso di sfuocare il sacro Monte sullo sfondo

 

Diffidare dall’iperfocale e dalla profondità di campo

E’ pur vero che nello scatto di destra il fuoco è stato realizzato sul legno in primo piano e lo scatto a sinistra all’infinito sul Sacro Monte, Anche se questo è un caso estremo è evidente che far conto sull’iperfocale e la profondità di campo non è un corretto focheggiare, il vero fuoco si assesta esclusivamente sul punto realmente a fuoco; salendo con l’ingrandimento si nota sempre di più quanto in realtà i soggetti che rientrano nell’area dell’iperfocale o della profondità di campo sono nettamente più morbidi e indistinti rispetto al vero piano di fuoco.

 

Iperpancromatismo e filtro rosso 25A

La Rollei Retro 400s deriva dalle pellicole Agfa Aviphot nate come pellicole per ricognizioni aeree dove è necessario bucare il pulviscolo atmosferico; ecco il risultato di uno scatto realizzato con i filtro rosso, uno scatto realizzato a marzo quindi con poca vegetazione e poco effetto Wood, ma il cielo è risultato perfettamente nero enfatizzando le nubi; il dettaglio delle catene di montagne sullo sfondo è nitidissimo.

I nanometri sfiorano infatti quasi i 700.

 

Qui di seguito la scheda tecnica della pellicola madre. Interessante notare che la pellicola originale era disponibile solo in bobine larghe 240mm e lunghe…. 150metri !!!! Ecco il motivo per cui la Retro 400s è stesa su base P.E.T., che è molto più sottile del triacetato e ha una maggiore stabilità dimensionale.

 

Retro400S_Infrared_aviphot_pan400S_2006_01_09_en

 

 

 

Il colore può diventare superfluo

Una immagine dove si evidenzia quanto il colore di queste cabine abbandonate negli scatti in bianco  e nero si perdono rivelando e amplificando la vera essenza delle catapecchie e dello stato di abbandono e corruzione.

 

 

 

Un’ultima prova con la Rollei Superpan 200

L’ultima prova l’ho realizzata con la pellicola Rollei Superpan 200 . Si tratta di un’altra delle pellicole Agfa Aviphot realizzate su base P.E.T. e con tecnologia iperpancromatica per bucare il velo atmosferico durante le rirpese aeree in accoppiata con il filtro rosso 25A.

La risoluzione arriva fino a 181 lp/mm e la lettura si spige quasi fino a 780nm, non proprio una pellicola infrarosso ma, come già la Retro 400S una pellicola che con filtro rosso 25a scurisce competamente i cieli sereni e accenna all’effetto Wood sulla vegetazione che ha la clorofilla. E’stata sviluppata in Bellini Hydrofen  ( dsponibile sia nella confezione da 100 che da 250 ml )alla diluizione 1+31 per 13 minuti, a 20°C anticipata da un prebagno di 1 minuto per eliminare lo strato antihalo

Qui di seguito la scheda prodotto:

bellini Htdrofen scheda prodotto

Qui di seguito le caratteristiche tecniche della pellicola Agfa Aviphot 200 da cui è stata derivata la Rollei Superpan 200

AVIPHOT-PAN-200

 

 

 

Ancora un confronto tra colore e bianco e nero

Una cava di pietra serpentina in Valmalenco; anche se la cava è relativamente monocromatica, il colore incredibile del lago formato dallo scioglimento delle nevi è incredibile.

Eppure lo scatto in bainco e nero porta all’essenza stessa della cava e nell’ingrandimento è possibile notare una gamma tonale davvero incredibile, grazie alla Rollei Superpan 200 sviluppata in Hydrofen Bellini a 1+31. Qui le forme, i contrasti e il resto non hanno più la distrazione del colore ma si arriva all’essenza del soggetto.

     

     

     

    Uno skyline

    Con il filtro rosso, al tramonto, due skyline di Milano, mi piacevano entrambi, sia quello orizzontale, classico, che quello verticale, in cui era possibile osservare anche le case in primo piano subito sotto al balcone da cui avevo scattato la foto. Ma alla fine ha prevalso la cartilina. Nel dettaglio, piuttosto esasperato, la grana si manifesta ma il dettaglio dei grattacieli – lafocheggiatura era all’infinito, è rimasto perfetto.

     

    Un controluce

    Due controluci realizzati nel bosco, alla fine ho preferito quello verticale: ho apprezzato come l’obiettivo della Canon Dial abbia tenuto il controluce, senza spandere la luce; la gamma tonale anche in questo caso è notevolissima.

     

     

    Paul & Reinhold sotto la lente.

    Mettiamoci l’animo in pace: l’half frame, a parità di ingrandimento in stampa raddoppia la grana, ma all’interno della grana la nitidezza degli oggetti è assoluta. La Paul & Reinhold, pur esposta a 400 ISO non brilla certo per una grana minimalista, ma la grana, alla fine, è la FILI-GRANA della vera immagine argentica. Al massimo ingradimento si discernono gli nalli della catena che sorregge il dondolo.

    Per questa e per le immagine successive è stata usata una diottra decimillimetrata: i numeri corrispondo ai millimetri di superficie della pellicola, le astine tra il n 0 e il n 1 corrispondo ai decimi di millimetro

     

     

     

    Rollei Retro 400 S sotto la lente

    Anche se il soggetto è differente, appare subito evidente come usando la Rollei Retro 400S sviluppata in Bellini Hydrofen 1+31 per 17 minuti, la grana è più compatta e il dettaglio migliorato

     

     

     

    Rollei Superpan 200 sotto la lente

    Nonostante l’esposizione a mano libera a 1/30 e la stima della distanza tra me e lo specchio che andava poi raddoppiata, oltre al diaframma completamente aperto, l’immagine è risultata prefettamente a fuoco, anche se affetta da un leggerissimo micromosso; è evidente come la Rollei Superpan 200 sviluppata in Bellini Hydrofen 1+31 per 13 minuti tra le pellicole utilizzate è quello che ha la grana più contenuta.

     

     

     

    .

    Conclusioni. 

    Non poteva mancare uno scatto finale in sequenza, realizzato sulla Rollei RPX 400 – nuova livrea, stessa emulsione, sviluppata in Monobagno LineAg+ DxONE della Punto Foto Group Milano utilizzando una Agfa Rondinax, il tutto sotto la luce del sole, con rotazione continua per 8 minuti a temperatura improbabile e diluizione 100ml di acqua + 100 ml di prodotto, in questo caso one shot ( non diluito questo Monobagno permette sviluppo e fissaggio contemporanea di circa 15 pellicole ).

    Ho impostato la distanza sulla fotocamera a 0,80 cm, a 1/60 sperando in un diaframma sufficientemente chiuso per poter avere una migliore nitidezza sul volto; le differenze di esposizione sono motivate dal fatto che a ogni scatto mi spostavo e in alcuni scatti l’immagine era troppo in ombra,, in altre il sole colpiva la cellula al CDS.

    Trovate in questo streaming tutta la storia dell’evento:

    La Canon Dial 35 mi ha e mi continua ad affascinare: una fotocamera dalla linea inconfondibile, progettata 60 anni fa e dedicata a un target di persone point & shoot ma di fatto progettta con delle soluzioni rivoluzionarie, a cominciare dal motore che permette di scattare fino a 20 fotogrammi senza togliere il dito dal pulsante di scatto.

    Mi ha convinto anche la filosofia half frame, e il tutto mi ha fatto sentire più point & shoot, anche se naturalmente la prima cosa che ho fatto è stata quella di trovare un anello di raccordo che portasse il passo quanomeno inusuale dei filtri da 48mm a 52mm, per poter usare sia i filtri che il paraluce.

    la Canon Dial non è propria tascabilissima, è piuttosto pesante e al mattoncino di ottone e alluminio in cui è stata forgiata si aggiune il motore che le dà una forma che appunto non scivola così facilmente in tasca.

    Il prezzo sul mercato dell’usato è quasi irrisorio, anxhe se difficile da trovare – è più facile trovare la versione Bell & Howell del 1969 che ha il sistema esposimetrico che accetta pellicole fino a 1000 ISO – e pur sapendo che con pochi grammi e millimetri in più potrei girare con una “normale” reflex35mm, con reale focheggiatura, un sistema esposimetrico migliore e il cambio degli obiettivi, questo oggetto, nella sua apparente semplicità, mi ha e mi continua ad affascinare.

    Sul piano della qualità dell’ottica, sul diaframma stondato e tutto il resto sono le immagini a parlare per me e in modo decisamente significativo.

    Alla prossima, di questo passo, finirò a parlarvi di una Mino 8×11. Millimetri….

    Gerardo Bonomo

     

    ( un particolare ringraziamento a Massimiliano Milazzo, Max per gli amici, titolare del punto vendita di Torino REFLEX TOP LINEA che mi ha permesso di utilizzare la Canon Dial 35 della sua collezione privata

     

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