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Introduzione

In questo articolo vi parlerò di un mio grande amore di giovinezza, il sistema Polapan Type 55, purtroppo andato dismesso negli anni Duemila.

Può sembrare inutile parlare di un prodotto, qui un consumabile, non più prodotto, ma per me è stato un momento molto importante dal punto di vista fotografico, e voglio quindi condividerlo con voi.

Parlerò naturalmente anche del presente, quindi dei banchi ottici, delle folding e delle pellicole attualmente disponibili

Parlare di banco ottico non è cosa semplice, anche se il banco ottico è la fotocamera più semplice ed affidabile che esista: non ha tendine, l’otturatore è inserita in ciascuna ottica, non ha un dorso da cui possa trafilare luce, non ha un pentaprisma, nè uno specchio, la messa a fuoco non solo è manuale ma è controllata direttamente sul vetro smerigliato/piano focale – dove l’immagine è capovolta e invertita -, spesso ha un prezzo più basso di una buona fotocamera 35mm. Di solito ha una robustezza sconfinata.

Di contro è pesante, l’autonomia di scatto si limita a due scatti per ogni chassis caricato, il prezzo di un singolo scatto a volte si avvicina al costo di un rullo da 36 pose; le pellicole vengono sviluppate al massimo a gruppi di 6/10 per volta e per la stampa occorre un ingranditore dedicato. Senza contare l’arte di padroneggiare i movimenti di macchina, ovvero i basculaggi e i decentramenti, anche se non sono sempre necessari.

Eppure nonostante queste complessità, quando si ottiene uno scatto su pellicola piana correttamente esposto e correttamente focheggiato, e con il soggetto al top della sua “fotogenia” si tocca il cielo con un dito in un modo che non ha nulla a che vedere con il medio e il piccolo formato: la grana, a seconda della pellicola, fino a certi ingrandimenti è inesistente, e vi parlo della pellicola 10x12cm, non della 20x25cm… e la gamma tonale in stampa non ha eguali.

I banchi ottici vengono tuttora costruiti e al contempo se ne trovano di usati in buone condizioni e a prezzi davvero accettabili.

Cominciamo la GRANDE avventura?

Buona lettura a tutti

Gerardo Bonomo

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( vi ricordo i miei corsi sulla fotografia bianco e nero, dalla ripresa alla stampa, sia one to one che via Skype. Contattatemi: gerardobonomo@gmail.com , Cell.: 3356619215 )

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Banco ottico o folding?

Due sono le principali differenze tra i banchi ottici e le folding: i banchi sono molto più pesanti ma hanno movimenti di basculaggio e decentramento più completi.

Le folding sono più leggere, spesso sono realizzate in legno – soffietto escluso, sono folding, quindi pieghevoli, più leggere e meno ingombranti dei banchi. Entrambi i modelli possono essere reperiti usati o nuovi.

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Una folding nuova ma dal prezzo accattivante.

Intrepid Camera è attualmente la folding più economica esistente sul mercato, viene prodotta in Gran Bretagna, ed è realizzata in legno

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INTREPID 4X5 MK4

Giunta alla quarta generazione, l’Intrepid 4×5 è una rivisitazione moderna della tradizionale folding.

Pur essendo super leggera (a 1,2 kg) e veloce da installare, è anche incredibilmente resistente e affidabile, producendo ottimi risultati indipendentemente dalle condizioni d’uso e atmosferiche.

La base in alluminio, la messa a fuoco posteriore e le guide lineari sono caratteristiche che di solito si vedono solo nelle fotocamere di fascia alta e consentono una messa a fuoco sempre nitida e una maggiore stabilità anche con gli obiettivi più pesanti.

Come per tutte le fotocamere Intrepid, la versatilità è la chiave, il dorso universale Graflok significa che è possibile montare un’intera gamma di adattatori 120 per pellicola (da 6×6 a 6×17), dorsi per pellicole Polaroid/istantanee e, naturalmente, l’Intrepid Enlarger.

DETTAGLI CHIAVE:

Dimensioni piastra porta ottiche: 96 mm x 99 mm

Max estensione del soffietto: 320mm

Min estensione del soffietti: 75mm

Max Front Rise/Fall: 42mm / 30mm

Max Front Shift: 30mm

Max Front Tilt +/- 45º

Max Front Swing +/- 45º

Rear Tilt + / – 30º / º

Dimensioni da chiusa: 180x180x78 mm

Peso: 1.2 Kg ( senza ottica )

Tripod mount 1/4” and 3/8”

Piastra porta ottiche: 96mm x 99mm

Compatibile con le piastre porta ottiche Linhof/Technika

Accetta obiettivi con focali da 75mm-300mm

(la focale 75mm richiede un una particolare piastra porta ottiche rientrante.

E’ venduta con un vetro smerigliato dotata di griglia serigrafata. E’ possibile acquistare separatamente uno schermo di messa a fuoco più luminoso con lente di Fresnel.

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Genialità e economia di scala: Intrepid Camera si trasforma anche in un ingranditore

E’ sufficiente montare l’Intrepid Camera sulla colonna dell’ingranditore o su un treppiedi, acquistare il kit Intrepid 4×5 Enarger MK2 per trasformare la folding in un ingranditore per pellicole piane fino al formato 4×5, usando, volendo, la stessa ottica usata per impressionare le pellicole piane in fase di ripresa. Il sistema è dotato di timer con countdown, filtraggio cyano, giallo, magenta per la stampa a colori e, udite udite, un sistema di filtraggio Variable Contrast compatibile con le carte bianco e nero a contrasto variabile, con gradazione che può essere impostata da 00 a 5 a intervalli di 0,5 “stop”. Cliccate QUI per ulteriori informazioni.

 

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Tutte le folding possono essere trasformate in ingranditori

Inutile dire che una qualsiasi folding può essere trasformata in un ingranditore: basta togliere il vetro smerigliato e sostituirlo con un cristallo o una maschera per trattenere il negativo e appoggiare al di spora un piccolo piano luminoso a LED. In questo caso, per il filtraggio del bianco e nero, bisognerà procurarsi il set di filtri Ilford ( MULTIGRADE FILTER BELOW LENS KIT) che vanno montati al di sotto dell’ottica da ingrandimento, usando il portafiltri in dotazione che si assicura con tre viti in nylon all’ottica da ingrandimento, che può, come già detto, essere anche l’ottica da presa.

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Folding usate

Se ne trovano di ogni marca e a ogni prezzo, prezzo che, come già detto, è superiore ai banchi ottici, ma la leggerezza si paga e io comunque mi sento di suggerire una folding piuttosto che un banco ottico, perchè il trasporto è complesso e faticoso ed è necessario un treppiedi molto robusto per sostenerla. Il banco è l’ideale in interni o quando ci si sposta in auto e i soggetti sono vicini ai possibili parcheggi.

Trovate altri spunti sul mondo delle folding e del banco ottico in questi miei articoli e nei video che li corroborano:

 

REALIZZARE RITRATTI SU PELLICOLA PIANA

IL MONDO DEL BANCO OTTICO. PRIMA PARTE: LA RIPRESA

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I banchi ottici

I banchi ottici, usati, sono indubbiamente più economici delle folding: hanno più movimenti di macchina, e più estesi, sia come decentramenti che basculaggi, ma, come spiegato, sono più ingombranti e pesanti. In un caso come nell’altro, il formato di pellicola piana 10x12cm è più che sufficiente per ottenere stampe con una gamma tonale impossibile da raggiungere con il medio formato. Cambia anche completamente la filosofia di approccio allo scatto, treppiedi, scatti centellinati, osì come cambia l’approccio allo sviluppo prima, alla stampa poi: o si usa la folding o il banco come ingranditori o è necessario anche l’acquisto di un ingranditore per il 10x12cm: sono pesanti e ingombranti. Ma il risultato finale, dopo questo perioglioso e stancante percorso, non ha prezzo nè eguali.

E veniamo adesso alla storia vera e propria, una storia che per me è iniziata 24 anni fa per poi interrompersi quando è sparito l’attore principale di questo lavoro, la pellicola Polaroid Polapan Type 55 P/N. L’articolo è scritto con il verbo al presente perchè è stato scritto quando il Polapan veniva ancora prodotto….

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Polaroid Polapan Type 55 P/N: sviluppare e stampare un 4×5″ in 30 secondi

Questa è una storia che comincia nel 1943, in America. Siamo durante le vacanze di Natale e una bambina di tre anni, Jennifer, sta facendo la regista a suo papà, indicandogli tutte le cose che vuole siano fotografate ( il padre scatta usando una Rolleiflex ). Alla fine della giornata di “shooting” la bimba chiede a suo padre, a proposito delle foto: “Perché non posso vederle ora?”  Dopo neppure un’ora dalla domanda il padre ha già confezionato, quantomeno nella sua mente, la risposta, una nuova macchina fotografica e una nuova pellicola, autosviluppante. Din, meglio conosciuto come Edwin Land, meglio conosciuto ancora come artefice della neonata Polaroid, getta così le basi di uno dei sistemi più rivoluzionari di tutta la storia della fotografia, la pellicola Polaroid. Bisognerà però aspettare fino al febbraio del 1947 perché l’idea si trasformi nella sua prima realtà.

Edwin Land descrive così il momento “illuminante “

“I recall a sunny vacation day in Santa Fe, New Mexico, when my little daughter asked why she could not see at once the picture I had just taken of her. As I walked around that charming town I undertook the task of solving the puzzle she had set me. Within the hour, the camera, the film, and the physical chemistry became so clear to me that with a great sense of excitement I hurried over to the place where Donald Brown, our Patent Attorney (in Santa Fe by coincidence) was staying, to describe to him in great detail a dry camera which would give a picture immediately after exposure.”

“Ricordo una soleggiata giornata di vacanza a Santa Fe ( 1943 ), nel New Mexico, quando mia figlia mi ha chiesto perché non poteva vedere subito la foto che le avevo appena fatto. Mentre passeggiavo per quell’affascinante cittadina, mi sono impegnato nel risolvere l’enigma che lei mi aveva posto. Nel giro di un’ora, la fotocamera, il film e la chimica fisica mi divennero così chiari che con un grande senso di eccitazione mi precipitai nel luogo in cui si trovava Donald Brown, il nostro avvocato specializzato in brevetti (era anche lui a  Santa Fe, per coincidenza), per descrivergli in modo molto dettagliato una macchina fotografica che avrebbe restituito una fotografia stampata immediatamente dopo l’esposizione.”

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Edwin Land, Din per gli amici, chi era costui?

Inutile inventarsi biografie quando ce ne sono di già belle e pronte, concise e ben fatte, come questa di Wikipedia:

Edwin Herbert Land ( Bridgeport, 7 maggio 1909 – Cambridge, 1° marzo 1991 )è stato un inventore e imprenditore statunitense , scopritore dei filtri polarizzanti e fondatore della Polaorid.

Edwin H. Land è stato definito L’ultimo dei grandi geni, secondo, come numero di brevetti depositati, solo a Edison. Inventore e uomo d’affari, ha saputo sfruttare le sue geniali intuizioni, fondando la Polaroid Corporation nel 1937. Nel 1957 con un esperimento, utilizzando foto in bianco e nero e filtri, proiettò la prima foto a colori dimostrando che la percezione del colore non è esterna ma viene costruita dal cervello.

I suoi innovativi studi sulla percezione del colore lo portarono a formulare una teoria della visione cromatica che chiamò Retinex, che confutò la teoria classica di Newton dimostrando che il colore non è qualcosa di assoluto dato dalla lunghezza d’onda della luce riflessa di un punto ma dall’osservazione dell’intera scena con il confronto delle lunghezze d’onda delle aree circostanti[1].

La Polaroid inizialmente produce il film plastico polarizzante utilizzato nella produzione di occhiali da sole in plastica. A partire dal 1948 Polaroid produce anche macchine fotografiche a sviluppo immediato. La prima macchina è la Model 95. La Polaroid SX70, commercializzata a partire dal 1972, decreta il successo della fotografia immediata a colori. Nel 1988 vinse l’Infinity Awards.

Eppure nel 1979, su sollecitazione del consiglio di amministrazione di Polaroid, si è dimesso da CEO. Rimase a capo della ricerca, ma si dimise rapidamente anche da quella posizione. In poco tempo, Land aveva tagliato tutti i legami con la società che aveva trasformato in un nome familiare.

Polaroid, perso il suo inventore, cominciò a perdere terreno fino al fallimento, in coincidenza con l’avvento del digitale. Oggi esiste ancora una fotografia istantanea Polaroid, e non solo marcata Polaroid, ma i tempi, i materiali, e soprattutto le persone, non sono più quelle di una volta.

Stampe, non fotografie

Il fatto che le fotocamere Polaroid producano innanzitutto stampe permette di conseguenza una certa aspettativa di vita all’immagine stessa. Qui vediamo quattro scatti che ormai hanno quasi 30 anni, che ho ritrovato nascoste in un cassetto. E’ indubbio che se scattando su negativo non sempre – specie oggi – allo scatto si accompagna una stampa. Se sii perde il negativo, o la scansione, e si perde il ricordo. Con Polaroid non era così.

Polaroid è diventata così, in seguito, la compagna inseparabile tanto della gente comune che dei professionisti. Per decenni sono state scattate su pellicola polaroid tutte le fototessera del mondo, per decenni la ricerca mondiale in tutti i suoi campi ha utilizzato il sistema Polaroid per registrare scoperte o immagini di routine. Per decenni i fotografi professionisti di tutto il mondo hanno usato il “Pola” per controllare l’inquadratura, le luci, l’esposizione prima dello scatto definitivo, soprattutto con il banco ottico. I trenta secondi occorrenti per lo sviluppo della Polapan Type 55 ( che in 30 secondi restituisce una stampa bianco e nero in formato 10x12cm e un negativo, a sua volta 10x12cm, perfettamente stampabile ) sono ancora oggi molto lontani dai sessanta minuti che occorrono per sviluppare una diapositiva, o dai quindici che occorrono per sviluppare una negativa.

Poi, ecco il digitale, che nell’ambiente professionale fotografico a ridotto a zero il tempo occorrente per previsualizzare il risultato finale e in molti casi ha anche sostituito lo scatto finale su pellicola diapositiva.

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Ventisei novembre millenovecentoquarantotto: Edwin Land presenta la Polaroid Land 95

Durante il 21 febbraio 1947, Edwin Land presentò la prima fotocamera istantanea a sviluppo immediato in una riunione della Optical Society of America, e il 26 novembre 1948, la Polaroid Land Camera Model 95 era in vendita nel centro di Boston per $ 89,75. Tuttavia, la fotocamera era tutt’altro che perfetta in quanto era in grado di catturare solo fotografie in bianco e nero usando la pellicola peel-and-develop.

In pratica ogni fotografia era composta da due parti, entrambe in carta: la prima, il negativo, veniva buttata via perchè inutilizzabile, mentre la seconda, una stampa positiva in bianco e nero ( all’inizio piuttosto seppiata ) poteva essere utilizzata.

La pellicola Polapan Positive/Negative fu la seconda vera grande rivoluzione in quanto al negativo in carta era stato sostituito un vero negativo trasparente – prodotto da Kodak – che poteva in seguito essere stampato e ristampato all’infinito utilizzando un ingranditore, o a contatto.

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La storia di una foto, la storia di un genio

Quando nel 1972 Edwin Land fu pronto a presentare al mondo la sua nuova creatura, la SX-70, Life volle dedicargli la copertina. Accompagnato da un giornalista e da un fotografo Land passeggiò per un giardino pubblico, scattando foto a colori a sviluppo immediato, e per di più sotto la luce diretta del sole. Dopo qualche minuto land fu circondato da una frotta di bambini che facevano a gara a prendere la foto appena scattata mentre la SX-70 la faceva apparire dalla fessura frontale.

Fu uno scatto epocale, una copertina epocale con un breve titolo: A GENIUS and his magic camera. Sì, perchè a prescindere dagli anni di ricerca, dagli insuccessi, dai mille tentativi, dalla folle tecnologia che consentiva di ottenere una foto istantanea a colori in una manciata di secondi, e per di più che si autosviluppava alla luce del sole, mostrando lentamente l’immagine, prima appena abbozzata e poi perfetta e satura di colori, una rivista come Life non potè coniugare altro termine che “ MAGIC”.

Sì, Polaroid ha due facce, una estremamente complessa sia sul piano tecnico che sulla ricerca che sta alle spalle di ogni nuova fotocamera o pellicola, l’altra, semplicemente, MAGICA.

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Polapan Type 55 Positive/Negative

Tra le decine di emulsioni brevettate da Land nei decenni ce n’è una in particolare, il Polapan 55, che ha preso da subito una strada ben diversa rispetto al progetto industriale finale.

Il principio comune a tutte le emulsioni Polaroid si basa sul trasferimento di una parte della chimica del negativo impressionato in ripresa sul cartoncino positivo, e questo vale tanto per le Polaroid in bianco e nero che a colori. Il negativo è in realtà una sorta di secondo cartoncino che, una volta imbevuto della chimica di sviluppo non è più utilizzabile per ristampe convenzionali successive, anche per il fatto che non si tratta di un trasparente ma di un opaco. E’ il caso di pellicole precedenti, come il Polapan Type 52. Il Polapan 55, invece, oltre a un positivo, contiene un vero e proprio negativo che, dopo aver trasferito parte della chimica sul positivo per ottenere l’unica stampa finale immediata a contatto, è ancora perfettamente riutilizzabile per ristampe ed ingrandimenti successivi. L’intenzione del progetto non era comunque quella di dare un negativo paragonabile a quello convenzionale, ma una sorta di negativo d’emergenza per fototessere o fotocronaca. Ma fin dal suo esordio fu lo stesso Ansel Adams  – consulente di Edwin Land fin dagli anni 40 –  ad apprezzare le qualità eccezionali del negativo Polapan 55. Scrive Adams nella sua “Autobiografia”: -Dal 1950 in poi molte delle mie fotografie più riuscite sono state fatte con pellicola Polaroid -.

Al link seguente una guida alla pellicola Polapan professionali: Polaroid

 

Qui vediamo uno scatto realizzato da Ansel Adams nel 1972 su Polapan Type 52.

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Il digitale: l’immediatezza alla portata di tutti

Negli ultimi vent’anni il digitale ha radicalmente rivoluzionato tutto il mondo della fotografia, dallo scatto all’elaborazione fino ai sistemi di invio, di archiviazione. La possibilità di scattare un’immagine e mandarla in tempo reale da uno smartphone a un altro, o a una casella di posta elettronica hanno reso la fotografia condivisibile in tempo reale, abbattendo i limiti di tempo e di distanza.

Eppure…

Eppure ancora oggi è possibile fotografare con sistemi tradizionali, con tempi e modi più complessi: si scatta, si sviluppa, si stampa. L’istante che occorre per scattare ed inviare via mail un’immagine diventano minuti, ore, per ottenere però alla fine non un’immagine, ma una vera e proprio fotografia, una stampa appunto, da tenere nel portafoglio, da incollare in un album, da incorniciare e appendere alla parete non diversamente da un quadro.

Eppure…

Eppure ancora oggi fotografare attraverso il sistema tradizionale porta ancora a risultati unici, sia in termini di composizione che di “sapore”.

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Scattare in 4×5”

Quando scattiamo in 4×5” dobbiamo fare innanzitutto i conti col peso e l’ingombro del treppiede – treppiede poco “digi” e molto tradizionale – della valigia in alluminio che custodisce l’attrezzatura. Di norma non si hanno a disposizione più di una ventina di scatti ( dipende dal numero di chassis a disposizione, ogni chassis ospita due pellicole piane, quindi due scatti ) e, non per metterla sul piano economico, ogni scatto costa come 36 scatti bianco e nero in formato 24x36mm o 12 scatti in formato 120. E’ il regno della meccanica e dell’ottica pura. Se c’è una pila che deve funzionare, è quella dell’esposimetro esterno, sempre che vada a pile. La folding o il banco non sono che dei soffietti di stoffa gommata tesi tra due riquadri di metallo o di legno. L’ottica non ha neppure la messa a fuoco – si focheggia allungando o accorciando la lunghezza del soffietto -; la parte più tecnologica del tutto è l’otturatore meccanico dell’obiettivo, potrebbe anche essere impreciso, o addirittura non funzionare affatto: di norma i tempi di posa sono talmente lunghi che al posto dell’otturatore si potrebbe usare il coperchio dell’obiettivo, levandolo e rimettendolo sull’obiettivo contando a mente il trascorrere dei secondi della posa. Se escludiamo in questo caso la pellicola, il Polapan, che è nato intorno agli anni cinquanta, tutto il resto dell’attrezzatura non è molto diversa da quella usata nell’ottocento: insomma, si lavora esattamente come quasi duecento anni fa, e tra le azioni quotidiane, forse solo il gesto dello scrivere – a mano – è rimasto immutato negli ultimi secoli, il resto è tutto cambiato. Ci si sente quindi parte di un qualcosa che non ha tempo, e si fotografa di conseguenza. Tutta questa “bassa tecnologia” porta a un’attenzione tecnica inconsueta: ci si deve preoccupare di valutare l’esposizione con estrema attenzione – i bracketing sono molto costosi…-, di preparare il treppiede e assicurarvi la fotocamera, di mettere in bolla la fotocamera, di focheggiare ingrandendo con un loupe l’immagine che compare capovolta e invertita sul vetro smerigliato, nascosti sotto un grande telo nero attraverso il quale della realtà non se ne vede che una porzione, e per di più con i lati invertiti e capovolti, di decentrare e/o basculare la/le standarte a seconda delle situazioni, di chiudere il diaframma al valore desiderato, di armare l’otturatore e di chiuderlo per prepararlo allo scatto, di inserire lo chassis al posto del vetro smerigliato, di sollevare la volet che protegge la pellicola e poi, a questo punto, finalmente, di scattare.

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Scattare su Polapan Type 55 P/N

Una volta, quando si poteva scattare sul Polapan si aprivano due strade, quella dello sviluppo immediato per valutare subito dopo lo scatto l’immagine acquisita, o quella dello sfilare il Polapan appena esposto dal dorso e di riporlo in attesa di svilupparlo al rientro, sperando… Che si sviluppi subito o più tardi, una volta rientrati, una volta che il Polapan attraversa i rulli d’acciaio del dorso Polaroid iniziano contemporaneamente due processi, lo sviluppo e il fissaggio della stampa, e lo sviluppo e il fissaggio della negativa; dopo solo 20/30  secondi -a seconda della temperatura ambiente – arriva il momento magico. Si aprono i cartoncini di tenuta del Polapan e si separa il negativo dal positivo. Basta un’occhiata per capire se lo scatto è venuto come era stato previsualizzato e se tutte le decine di variabile che ci tenevano separati dal nostro obiettivo sono state superate.

A questo punto si ottiene una stampa in bianco e nero e un negativo che, dopo un paio di facili passaggi e l’asciugatura, è pronto per essere stampato attraverso l’ingranditore o, se si preferisce, a contatto.

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Qualche dato tecnico

Il Polapan 55 restituisce una stampa positiva con una risoluzione intorno alle 20 linee/mm e un negativo con una risoluzione di ben 160 linee/mm seconda solo a due emulsioni di Kodak per il bianco e nero, la Technical Pan, con 320 linee/mm e la T Max 100 con 200 linee/mm. La sensibilità di 50 ISO ne fa così una pellicola con una grana finissima e una risoluzione eccezionale, il tutto unito a una gamma tonale molto estesa che permette delle stampe e degli ingrandimenti successivi stupefacenti rispetto alla apparente semplicità del processo di sviluppo/fissaggio che alla temperatura di 20°C dura appena 20 secondi.

Nonostante la superficie completa del negativo sia di 10x12cm, la superficie utile è di 9x12cm. All’esterno dell’area utile l’immagine non è mai completamente sviluppata e sono visibili gli attacchi fustellati del negativo. Questa cornice naturale ogni volta diversa porta a un piacevolissimo contrasto visivo tra l’eccezionale nitidezza della superficie utile e il bordo sviluppato in parte e fustellato. La cosa non è naturalmente passata inosservato a molti fotografi famosi che da sempre hanno volutamente incluso nella stampa finale anche il bordo, con risvolti estetici da un lato, come testimonianza inequivocabile del fatto che la stampa è stata eseguita da un negativo Polaroid dall’altro. Sempre nel campo della ricerca artistica fotografica, hanno avuto molti proseliti anche i transfer e gli spellicolamenti dei positivi a colori Polaroid.

La foto: f/22, 5”: questa immagine è stata scattata al crepuscolo. La lunga posa ha permesso di registrare il gregge come una sorta di “nebbia vivente”. Abbiamo chiesto al pastore di rimanere immobile ma, stanco dopo una lunga giornata di transumanza si è leggermente mosso togliendo parte del contrasto cercato tra la sua posizione statuaria e il movimento del gregge.

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Presente e futuro del Polapan 55

Questo paragrafo è stato scritto quasi vent’anni fa. Ve lo riporto integrale.

In questo momento di grande affermazione del digitale tutto il mondo dell’acquisizione sulla pellicola sta subendo una forte contrazione nella domanda. L’offerta, di conseguenza, sta già subendo qualche battuta d’arresto: Agfa, per citare solo un esempio ha già dismesso da alcuni anni la stesa della negativo bianco e nero APX 25 e negli ultimi mesi ha dimesso anche la stessa della APX 100 nel formato 4×5.

Va da sé che le emulsioni più minacciate sono proprio quelle professionali sia nel tipo di emulsione che nel formato. Probabilmente l’emulsione che sarà più facilmente reperibile nei prossimi anni sarà la negativa a colori 135.

Il problema, decidendo di lavorare in Polapan 55 è che è una negativa unica al mondo: si potrebbe utilizzare una pellicola piana bianco e nero di altra marca ma si andrebbe comunque a perdere quello che riteniamo personalmente il fascino mai sopito del Polapan dallo scatto allo sviluppo fino alla stampa. Che dire: la speranza è l’ultima a morire…

Un altro indubbio vantaggio del Polapan 55 rispetto alle pellicole piane convenzionali sta nel fatto che non è necessario disporre di diversi chassis caricati con la pellicola piana: va tenuto presente che in uno chassis, sempre relativamente pesante ed ingombrante si possono caricare due pellicole piane alla volta. Un’autonomia di soli 20 scatti presuppone la disponibilità di 10 chassis carichi. Il Polapan 55, al contrario, è una sorta di busta di cartone che contiene la positiva, la negativa, il volet e tutta la chimica necessaria allo sviluppo. Si utilizza con l’apposito dorso Polaroid che funge sia da contenitore per l’esposizione che da sistema per l’attivazione dello sviluppo a scatto ultimato. 20 scatti Polapan occupano lo spazio di cinque chassis convenzionali e sono molto più leggeri.

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28 2048 pixel polaroid polapan type 55 clarinetto alta

Un po’ di storia

La pellicola Polaroid Type 55 fa parte della serie delle pellicole Type 50, nate nel 1958. Il modello Type 55 è stato presentato nel 1961 – Ansel Adams, grande amico di Edwin Land, fu uno dei primi a testarla – è una pellicola Polaroid a doppio modulo in bianco e nero che produce sia una stampa positiva che un’immagine negativa che può essere utilizzata per realizzare ingrandimenti.

La velocità della pellicola è data dai produttori come 50 ISO – viene prodotta da Kodak – , tuttavia ciò vale solo per la componente positiva. Il negativo è valutato dalla Polaroid come 25 ISO sebbene sia possibile valutare il negativo a 32 ISO).

Dopo lo sviluppo/fissaggio, le due parti vengono separate : uno è un positivo bianco e nero, l’altro un negativo riutilizzabile. Per prevenire lo sbiadimento e danni fisici, l’immagine positiva richiede un rivestimento protettivo (incluso nella confezione) mentre il negativo richiede una soluzione di schiaritura: Polaroid consiglia una soluzione di sodio-solfito al 18% ma alcuni utenti preferiscono usare Hypo-Clear di Kodak ). Polaroid consiglia anche un fissativo indurente per proteggere il negativo dai graffi poiché i negativi di tipo 55 sono sottili rispetto ad altri negativi 4×5 “ e l’emulsione è estremamente delicata.

Questi negativi sono a grana fine, hanno una vasta gamma tonale e sono di risoluzione estremamente elevata, dell’ordine di 150 lp/mm, possono creare stampe di grandi dimensioni e sono adatti per la stampa a contatto, in particolare per quanto riguarda Cyanotype e Van Dyke brown per creare ‘blueprint “e” seppia “ che vengono stampate a contatto. Polaroid Type 55 (come tutte le pellicole della serie Type 50) richiede un particolare adattatore, il Polaroid Model 545 Back. Questo è montato sul retro del banco, come un normale chassis. Una guaina trasparente impermeabile autonoma contenente fogli di pellicola positiva e negativa e un piccolo serbatoio – chimato il guscio –  di gel reagente viene inserita nel Packet Back, si solleva la volet in cartone e viene eseguita un’esposizione e il Packet Back viene rimosso. Girando una leva e ritirando il manicotto, il gel viene schiacciato tra gli strati di emulsione negativo e positivo. Dopo il tempo impostato, gli strati possono essere staccati. un po ‘di gel viene trattenuto ai bordi, creando immagini positive e negative.

Una conseguenza del processo è l’impressione di una cornice sul negativo non protetto. Il risultato (un negativo perfetto circondato da un’immagine imperfetta simile a una cornice su tre lati, il quarto che mostra uno sviluppo che crea una cornice ogni volta variabile) crea un caratteristico “aspetto della cornice Polaroid” che è diventato popolare, tanto che i fotografi che non utilizzavano fotocamere di grande formato ( o qualsiasi tipo di processo chimico) combinano graficamente un’immagine fotografica convenzionale, comunque creata, con un’immagine sovrapposta di una “cornice Polaroid” originale come effetto grafico.

Nel 2001 Polaroid ha presentato istanza di protezione dal fallimento e nel febbraio 2008 ha annunciato che avrebbe cessato la produzione di tutti i film istantanei, presentando una seconda istanza di protezione dal fallimento.

Nel 2009 l’attività è stata venduta, i nuovi proprietari che annunciavano la produzione di film istantaneo sarebbero stati concessi in licenza a una società più piccola. Le sostanze chimiche necessarie per elaborare le pellicole istantanee Polaroid erano state accumulate in caso di questa eventualità, ma i licenziatari hanno annunciato la loro intenzione di ridisegnare e produrre pellicole su base limitata con il marchio Polaroid che sarebbero compatibili con la maggior parte delle fotocamere Polaroid, utilizzando macchinari rimasti da uno stabilimento in liquidazione nei Paesi Bassi. In risposta, nel novembre 2009, Polaroid ha annunciato la sua intenzione di rilanciare la produzione di fotocamere a pellicola Polaroid nel 2010 su base limitata, commercializzata agli appassionati e subordinata alla disponibilità dello stock di pellicola appena concesso in licenza. I piani iniziali prevedono la produzione di una pellicola in bianco e nero per sostituire le scorte di pellicola esistenti, seguita da una pellicola a colori.

La Polaroid  Type 55, di fatto, non venne più prodotta.

Le scorte della pellicola Polaroid Type 55 esistenti sono scadute  nel 2010.

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New55 FILM

Tra il 2010 e il 2017, una società denominata New55 Holdings, LLC (con il suo marchio “New55 FILM”) ha ricercato e introdotto sul mercato un materiale positivo-negativo 4×5 in bianco e nero che viene esposto ed elaborato in un magazzino Polaroid 545. New55 PN ha fornito una stampa positiva e un negativo che può essere scansionato, stampato a contatto o ingrandito. Nel maggio 2014, New55 FILM è stato finanziato con successo da Kickstarter allo scopo di portarlo sul mercato.

Tra il 2014 e il 2017, New55 FILM ha venduto New55 PN e altri prodotti correlati direttamente ai fotografi di tutto il mondo, generando oltre 1 milione di dollari di vendite. A causa del fallimento di un fornitore di componenti chiave (il pod) e sebbene la domanda sia rimasta forte, la società ha concluso le operazioni il 31 dicembre 2017, chiudendo la fase di ricerca e sviluppo del progetto.

Tra le caratteristiche innovative di New55 PN c’era il metodo di applicazione del materiale acquoso più rispettoso dell’ambiente utilizzato per rivestire la stampa. Il sistema New55 PN è anche migliorato rispetto al Tipo 55 di Polaroid avendo un numero di parti inferiore (quindi meno materiale da eliminare) e, nei risultati fotografici, le densità positive e negative di New55 PN erano identiche (dove le Polaroid Type 55 erano una fermata o due a parte, forzare il sacrificio del positivo o del negativo per ottenere un’esposizione ideale solo su una delle due componenti).

New55 FILM ha anche riportato in vita un prodotto come il vecchio Ready-Load di Kodak e i prodotti QuickLoad di FujiFilm che erano fuori produzione, chiamato 1SHOT Ready Loaded Sheet Film. 1SHOT ha creato un modo per i fotografi 4×5 di riprendere HP5 + di Ilford, TRI-X, TMAX, Portra 160 e 400 di Kodak e Velvia 100 di Fujifilm, nonché le pellicole Atomic-X 100 4×5 di New55 FILM, tutte nello speciale sistema di pacchetti di New55 FILM per l’eredità Polaroid 545 (545i e 545 Pro) Land Film Holder. Inoltre, New55 FILM ha prodotto e venduto il suo sviluppatore monobath denominato R5 MONOBATH DEVELOPER, un’unica soluzione per lo sviluppo di negativi per pellicole fotografiche in bianco e nero in 6 minuti in una tank daylight.

Conclusioni: la magia , per ora, è irreversibilmente terminata, il fascino del negativo con la cornice che ogni volta presentava fioriture e altri particolari variabili che rendevano ogni scatto unico non è attualmente più riproducibile. Continueremo, ma sempre con rimpianto, ad utilizzare la tradizionale pellicola piana 4×5”.

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Sul campo

Per lavorare in Polapan 55 è necessario un banco ottico 10×12 o una folding 10×12. La differenza tra le due macchine sta nel fatto che la prima dispone di movimenti di basculaggio e decentramento più ampi rispetto alla folding mentre la seconda è decisamente più leggera e portatile. Il treppiede è d’obbligo con entrambe le fotocamere. L’obiettivo o gli obiettivi incorporano sempre anche l’otturatore: abbiamo così un sistema molto meno delicato dei convenzionali sistemi fotografici. Da un punto di vista di costi mai come oggi è possibile trovare a prezzi veramente irrisori tanto i banchi che le folding che i relativi obiettivi: bastano 500 Euro per diventare felici possessori di un banco o di una folding con un obiettivo base, un 150mm. Il lavoro che presentiamo in questa Experience è stato realizzato con una folding MPP inglese del 1955 e con un obiettivo Nikkor 150mm f/5,6 W degli anni 80. La qualità che siamo riusciti ad ottenere è di gran lunga superiore a qualsiasi sistema fotografico di medio o piccolo formato ed è decisamente superiore a quello ottenibile con qualsiasi fotocamera digitale compatta o reflex.

28 2048 pixel polaroid polapan type 55 clarinetto alta
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L’obiettivo, il fulcro di tutto il lavoro. Nikkor 150mm f/5,6 W

Come ho scritto, ho usato un obiettivo per fotocamere grande formato, il Nikkor 150mm f/5,6 W.

Qui le caratteristiche tecniche:

  • Lunghezza focale (mm) 150
  • Apertura massima 1:5.6
  • Apertura minima f/64
  • Schema ottico (lenti/gruppi) 6 / 4
  • Angolo di campo (massima apertura) 60º
  • Angolo di campo (f/22) 70º
  • Cerchio d’immagine (mm) (massima apertura) 174
  • Cerchio d’immagine (mm) (f/22) 210 (5 x 7)
  • Otturatore (Copal® N.) 0
  • Tempi di otturazione (sec.) 1~1/500, T, B
  • Presa sincro X-contact
  • Dimensioni innesto frontale (mm) 54
  • Dimensioni innesto (mm) 52 x 0.75(P)
  • Diametro innesto posteriore (mm) 42
  • Dimensioni attacco flangia (mm) 32.5 x 0.5(P)
  • Tiraggio (mm) 146.8
  • Lunghezza (mm) 50
  • Peso (g) 230

Nella pratica, come vedremo tra poco, mi sono accorto che il fenomeno della diffrazione, arriva già a diaframmi relativamente aperti, certo non l’optimum per un obiettivo da banco che è concepito proprio per lavorare a diaframmi molto chiusi.

Sul sito di Nikon sono ancora riportate le caratteristiche tecniche ma viene identificato come DISCONTINUO

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Il vantaggio del grande formato

A vantaggio del grande formato sugli altri sistemi fotografici c’ è la possibilità di decentrare e basculare. Decentrando è possibile spostare sia in orizzontale che in verticale il punto di presa: un decentramento verso l’alto dell’ottica anche di pochi millimetri porta come conseguenza a un innalzamento del punto di vista di parecchie decine di centimetri. Il basculaggio invece, serve innanzitutto per estendere l’area utile di messa a fuoco permettendo di avere contemporaneamente a fuoco tutti i punti di un oggetto disposto diagonalmente davanti alla fotocamera. Con i sistemi tradizionali per estendere l’area di messa a fuoco si utilizza la profondità di campo, chiudendo progressivamente il diaframma, ma non sempre è possibile ottenere una perfetta messa a fuoco semplicemente diaframmando, mentre col basculaggio non esistono praticamente limiti.

Nikon ha a catalogo due ottiche decentrabili per 35mm, un 28 e un 35mm a cui ha recentemente affiancato un 85mm che oltre a poter essere decentrato può anche essere basculato, migliorando sensibilmente l’estensione del punto di fuoco anche nel sistema 35mm.

Resta un indubbio vantaggio del grande formato sul piccolo formato proprio nell’area utile del negativo ottenuto, e teniamo presente che stiamo parlando di negativi 10×12 cm: non il Polapan ma con altre emulsioni esistono negativi e positivi anche nel formato 13×18 e 20×25 cm. Ma è già più che sufficiente il confronto tra il formato 10×12 e il 35mm – o il medio formato – per apprezzare visivamente l’enorme differenza in termini di nitidezza e assenza di grana a parità di ingrandimento.

Se le differenze sono ben visiibili nel colore, probabilmente nel bianco e nero sono ancora più evidenti: la gamma tonale di un negativo 10×12 non è neanche lontanamente confrontabile a quello di un fotogramma 24x36mm. Addirittura, più è grande il negativo di partenza più è facile ottenere stampe con un’estesa gamma tonale.

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Un primo esempio

f/32, 22”: grazie al diaframma relativamente chiuso e al basculaggio di entrambe le standarte siamo riusciti ad ottenere una nitidezza perfetta sia sulla parte a sinistra che a destra del vagone, nonostante quest’ultimo fosse molto angolato rispetto alla fotocamera

Nella foto successiva i due particolari del soggetto più vicini e più lontani dalla fotocamera mostrano lo stesso livello di dettaglio.

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Gli accessori da ripresa fondamentali

Il treppiede.

Come per gli altri sistemi fotografici, anche per il grande formato il tipo di treppiede impiegato è estremamente determinante sul risultato finale. Sia la testa che il treppiede devono avere specifiche idonee per sopportare il peso del banco o della folding. E’ sempre opportuno innalzare il punto di vista allungando prima le gambe e poi la colonna del treppiede. Se si lavora in esterni con basse temperature è necessario attendere alcuni minuti perché il treppiede si acclimiti e il serraggio delle gambe abbia l’effetto corretto. Se si lavora in esterni su terreno morbido è opportuno disporre di puntali in acciaio per poter “infilzare” le gambe nel terreno e scongiurare così qualsiasi movimento. Ove possibile, soprattutto se il treppiede è in fibra di carbonio, è opportuno appendere alla base della colonna un peso – va bene la borsa fotografica – per aumentare la stabilità laterale. In una giornata ventosa il treppiede è più sensibile del normale a spostamenti laterali. Una volta posizionato il banco o la folding e aver sistemato tutti i parametri, dopo aver estratto il volet è sempre buona norma aspettare qualche secondo prima di agire sullo scatto dell’obiettivo – sempre e solo usando uno scatto a distanza di almeno 50cm di lunghezza!!! – in modo da permette al treppiede di smorzare ogni vibrazione residua.Un buon treppiedi in grado di reggere una folding o un banco leggero è il Manfrotto 055 MT055XPRO3 : si tratta di un treppiedi robusto ma ancora facilmente trasportabile. La gamma successiva dei treppiedi Manfrotto è indubbiamente più pesante e consigliata per l’utilizzo con i banchi ottici

La testa

Io utilizzo una testa Manfrotto Junior che mi permette micro movimenti di aggiustamento sui tre movimenti senza rischiare di “liberare” involontariamente un movimento e far bruscamente piegare su un lato la folding o il banco.

Il paraluce

Il paraluce: dando per scontato che lavorando col banco si cerca e si pretende il massimo della qualità dal proprio sistema, l’uso del paraluce è fondamentale per permettere all’obiettivo di lavorare nelle migliori condizioni senza infiltrazioni di luce parassita nell’obiettivo. A causa del variare dell’angolo di campo a seconda del diaframma impiegato, non esiste un paraluce specifico per ciascun tipo di focale da banco ottico, suggeriamo l’impiego di uno più cartoncini neri da fissare “ a bandiera “ in alto e sui due lati dell’obiettivo, questo anche in giornate nuvolose, perché non è solo la luce puntiforme del sole a causare problemi se un raggio tocca direttamente una lente dell’obiettivo ma anche la potente luce “ a bank “ di un cielo nuvoloso.

I filtri

I filtri: lavorando con pellicola bianco nero soprattutto in esterni l’impiego di un filtro giallo è raccomandato in qualsiasi situazione. Migliora il contrasto generale dell’immagine, “buca” il velo atmosferico – che tende a sbiadire i soggetti all’infinito proporzionalmente alla distanza macchina/sfondo – e scurisce leggermente l’azzurro del cielo di una giornata serena o serena con nuvole; soprattutto questo fattore è molto complesso da restituire all’immagine in fase di stampa “bruciando” il cielo. I predetti miglioramenti vengono accentuati impiegando un filtro arancione, ed esasperati con l’impiego di un filtro rosso dando un tono decisamente drammatico alla scena inquadrata –l’azzurro del cielo diventa quasi nero sulla stampa finale. Se il soggetto è vegetazione è consigliabile l’uso di un filtro verde che “stacca” i vari piani della vegetazione dando più tridimensionalità a situazioni come i paesaggi. Attualmente alcune case propongono ancora i filtri per il bianco e nero, tra queste citiamo le giapponesi Hoya e Marumi e la tedesca Heliopan.

 

L’esposimetro

Da tempo uso esposimetri Sekonic. Quando ho realizzato queste foto il modello Sekonic L 308 X Flashmate non era ancora disponibile: lo ritengo un esposimetro con il miglior rapporto qualità/prezzo/prestazioni, in grado di effettuare misurazioni sia in luce incidente che in luce riflessa.

Il panno nero

E’ indispensabile per isolarsi dalla luce esterna e controllare sia la composizione che la messa a fuoco.

Lo scatto remoto a filo.

Un altro accessorio indispensabile per scattare l’otturatore senza toccare l’ottica, scongiurando il micromosso

Il diaframma di lavoro

Il diaframma di lavoro: con l’impiego delle ottiche Nikon per grande formato il diaframma massimo raccomandato dalla casa è tra f/22 e f/32: gli obiettivi Nikon per grande formato sono ottimizzati per lavorare già con un’eccellente resa ottica a tutta apertura; si chiuderà quindi il diaframma in virtù dell’estensione della profondità di campo desiderata, che va comunque innanzitutto ampliata utilizzando i basculaggi delle standarte anteriori e posteriori del banco o della folding. Supera f/32 significa estendere maggiormente la profondità di campo ma senza nessun aumento della nitidezza generale, al contrario, con la probabilità di introdurre il fenomeno della diffrazione che abbassa in modo proporzionale la nitidezza generale dell’immagine, vedremo nelle prove sul campo che questo abbassamento generale della nitidezza è comunque avvertibile solo a forti ingrandimenti.

Il tempo di scatto.

Utilizzando una pellicola di bassa sensibilità come il Polapan, magari in accoppiata con filtro giallo che riduce di 2/3 la luminosità della scena, spesso ci troveremo in situazioni in cui il tempo di scatto suggerito sarà pari o superiore a 1 secondo di posa a cui andrà aggiunto ulteriore tempo di posa a causa dell’effetto di non reciprocità comune a tutte le pellicole. In una giornata nuvolosa, quindi, può essere facile utilizzare tempi di 5 o 10 secondi o superiori che verranno impostati sulla fotocamera, sempre agendo sul cavo di scatto a distanza, utilizzando o la posa B, che mantiene l’otturatore aperto finché non cesserà la pressione sul pulsante di scatto, o la più conveniente posa T che apre l’otturatore alla prima pressione sul pulsante di scatto e lo richiude alla seconda pressione sul pulsante di scatto.

Lo scatto a filo

Anche se le ottiche da banco hanno una leva di scatto, lo scatto a filo è di fondamentale importanza da un lato per evitare di imprimere al banco movimenti involontari durante lo scatto, dall’altro per realizzare delle perfette lunghe esposizioni in posa b o T

Telo nero

Per l’inquadratura e la messa a fuoco sul vetro smerigliato il telo nero è di fondamentale importanza. la luce ambiente, sia in interni he soprattutto in esterni impedisce la visualizzazione dell’immagine sul vetro smerigliato e un’accurata messa a fuoco.

La messa a fuoco.

Un buon loupe 8X è l’ideale per un accurato controllo della messa a fuoco sul vetro smerigliato del banco o della folding. Una volta effettuata la messa a fuoco è raccomandabile bloccarla agendo sulla leva di blocco dell’estensore del soffietto disponibile su qualsiasi banco o folding.

Quello qui raffigurato è un particolare Loupe dell’italiana Silvestri:il LOUPE 6X INCLINABILE SILVESTRI

Uno dei classici problemi nella fotografia di grande formato è quello della messa a fuoco ai bordi del vetro smerigliato, specialmente quando si usano obiettivi di focale corta. Con le normali loupe disponibili sul mercato i bordi tendono a risultare estremamente scuri e questo tende a diventare ancora più drammatico quando si usano obiettivi con più di 90 gradi ed il decentramento fino a far scomparire del tutto l’immagine sui bordi. La Loupe Inclinabile Silvestri 6x invece si inclina fino a 45 gradi per recuperare la luminosità sui bordi. Con accessorio in dotazione diventa una normale lupe a 3 elementi. Campo visivo: 27 mm, inclinabile fino a  45 gradi, messa a fuoco dell’oculare: + 3-1, dimensioni: 48×53 mm, peso: 84 g

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Il problema della diffrazione con il Nikon Nikkor 150mm f/5.6 W

Dall’alto, le dida delle immagini:

1) f/32 22”, filtro giallo basculaggio della standarta anteriore e decentramento sempre della standarta anteriore per “superare” il mucchio di rottami in primo piano.

2) Ho appoggiato sul negativo un righello per valutare le reali aree utili del Polapan

3) un particolare ingrandito circa 7 volte del negativo precedente: corrisponde a una stampa a pieno negativo di 70×84 cm. Per valutare correttamente l’ingrandimento un secondo righello è stato appoggiato sul foglio di carta da stampa prima dell’esposizione sul piano dell’ingranditore.

4) ed ecco un altro scatto dove, per cercare di migliorare la profondità di campo, si è passati dal f/32 dell’immagine precedente a f/64.

5) ed ecco un confronto fra i due particolari evidenziati giallo dei due scatti precedenti: se a prima vista gli scatti apparivano identici, anche dopo un ingrandimento di 7x, a un ingrandimento successivo si nota una grande differenza in termini di risoluzione e nitidezza proprio a vantaggio della prima immagine, scattata a f/32; chiudendo  infatti il diaframma a f/64, oltre a non aver ottenuto alcun aumento necessario nella profondità di campo, si è entrati nella sfera della diffrazione causata da un diaframma chiuso al massimo ma non progettato per quello scopo: il Nikkor 150 W ha infatti “solo” cinque lamelle di diaframma che acuiscono maggiormente l’effetto diffrazione quando vengono chiuse oltre al diaframma consigliato dalla Casa che è appunto f/32. di contro tutte le ottiche Nikon per il grande formato sono state progettate per dare già il massimo della qualità anche utilizzate a tutta apertura, esattamente come si fa per le ottiche del formato 24×36 di altissimo livello. La targhetta qui ingrandita sul negativo è lunga poco più di 2mm: in questa immagine l’abbiamo portata a un ingrandimento 35x, pari a una stampa a pieno negativo di 3,5×4,2 metri!!! Sottolineiamo l’eccellenza del dettaglio – naturalmente nell’immagine scattata a diaframma ottimale – e la grana che a ingrandimenti così spinti comincia appena a comparire. Necessitando comunque di un aumento della profondità di campo si può tranquillamente chiudere il diaframma a f/64: si otterrà comunque un’ottima immagine che andrà però poi stampato solo fino a un certo ingrandimento massimo,  (intorno ai 50×60 cm.) e non oltre.

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Uno scatto all’alba

f/22 4”:poco dopo l’alba il sole sta lambendo il terreno e inizia a sciogliere la brina che si è depositata ovunque: bisogna correre se si vuole fotografare una cosa caduca come la brina; è bastato il tempo di posizionare il treppiede e la folding che il sole stava già cominciando a lambire la traversina inquadrata e a sciogliere la brina.

nel dettaglio dell’immagine precedente, lungo sul negativo originale poco più di 20 mm è possibile distinguere i cristalli di brina depositati sul bordo dei fili d’erba e lungo il rilievo del legno della traversina.

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Lo scatto su Polapan

Una volta inserita la busta contenente il positivo/negativo nello chassis Polaroid lo si posizionerà nel dorso della fotocamera bloccandolo, si estrarrà il volet di cartone che si autobloccherà sulla posizione di massima estensione e, dopo aver atteso qualche istante perché la macchina si stabilizzi, si scatterà senza indugio e senza indugio si riporterà il volet nella posizione di chiusura.

Lo sviluppo può a questo punto avvenire immediatamente sul campo o, cosa raccomandabile se si intende lavorare poi con il negativo, essere eseguito in un secondo momento, in un ambiente controllato e preferibilmente a una temperatura intorno ai 20°C. nel caso si voglia invece sviluppare il Polapan sul campo basterà poi riporre il negativo appena sviluppato in un contenitore riempito con acqua in cui potrà essere conservato fino a 72 ore dall’avvenuto sviluppo.

Il tempo di sviluppo dipende dalla temperatura a cui si trova la busta contenente il negativo: se lavoriamo in esterni in una giornata fredda e volgiamo iniziare a sviluppare in interni in un ambiente riscaldato, dobbiamo attendere fino a che le buste non arriveranno alla stessa temperatura dell’ambiente di lavoro.

Lo sviluppo perfetto: una volta sviluppato il negativo questo andrà immediatamente immerso in acqua: bisognerà attendere circa un’ora prima che i cartoncini di tenuta fissati sul negativo si distacchino naturalmente. A questo punto, una volta staccati i cartoncini di tenuta dal negativo questo andrà immerso in una soluzione di solfito di sodio al 18% ( 440 gr sciolti in 2 litri d’acqua) o una soluzione liquida pronta per l’uso brevettata dalla Ornano (solfito di potassio). Dopo qualche decina di secondi il negativo è pronto per il lavaggio finale. Polaroid raccomanda di non fissare mai il negativo in fissaggi convenzionali fotografici con l’eccezione del Kodak Rapid Fix with Hardener che indurendo l’emulsione previene eventuali graffi. Dopo il lavaggio finale suggeriamo un passaggio in acqua demineralizzata in cui sia stata aggiunta qualche goccia di convenzionale imbibente per prevenire la formazione di macchie di calcare sul negativo una volta asciutto. A questo punto il negativo può essere stampato con i sistemi tradizionali analogici di stampa bianco e nero sia su carta politenata che baritata sia normale che a contrasto variabile. Il negativo va poi conservato o nelle tradizionali buste di carta velina o in plasticoni per dia o nega in formato 10×12 cm. Per i data sheet sia sulla pellicola che sul suo utilizzo rimandiamo al sito www.polaroid.com da dove è possibile scaricare in formato PDF tutte le informazioni sia sul prodotto che sul suo trattamento.

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La realizzazione delle stampe di questo articolo

Le stampe che accompagnano questo articolo sono state eseguite con ingranditore Durst e testa Ilford Multigrade su cartoncino politenato a contrasto variabile, utilizzando come ottica un obiettivo EL-Nikkor 150mm f/5,6. E’ un obiettivo progettato per ingrandimenti da 2x fino a 8x quindi per ingrandimenti massimi da negativo 10×12 di 80×96 cm,  diaframmato a f/16.

I modelli superiori, come questo EL-Nikkor 150mm f/5,6 A, sono caratterizzati da una finitura molto elevata e da una costruzione meccanica robusta ed impeccabile; qui è stato affiancato al 150mm f/5,6, destinato a negativi 4×5″, un Nikkor da ripresa idoneo allo stesso formato; la possibilità di effettuare riprese fino al 30x40cm utilizzando ottiche Nikkor sia sulla fotocamera che sull’ingranditore rappresenta un’autentica gioia per i Nikonisti più affezionati alla Casa.

 

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Conclusioni

Indipendentemente dal risultato qualitativo finale scattare in grande formato porta a un rituale e a una tempistica ben diversa da quella delle fotocamere convenzionali. Se da un lato il soggetto di riferimento è ovviamente uno sitll life o un paesaggio – ma nulla vieta di eseguire ritratto e moda –  dall’altro la ricerca dell’inquadratura, del punto di vista e del punto di fuoco obbligano il fotografo a una concentrazione maggiore rispetto ai sistemi convenzionali, con risultati diversi quindi anche da un punto di vista concettuale.

E’ da rimarcare il fatto che Nikon, nata agli inizi del 900 come fabbrica specializzata nella costruzione di binocoli, cannocchiali e telemetri per la marina imperiale nipponica, nel corso di quasi un secolo di vita ha realizzato anche obiettivi per fotocamere medio formato (come Bronica), per fotocamere grande formato e perfino obiettivi da ingrandimento.

Così come abbiamo trovato anni fa “affascinante” scattare con una Leica a vite e stampare poi l’immagine con l’ottica da ripresa, ci pare ugualmente affascinante – e contemporaneamente estremamente performante – questa recente ricerca che ha visto coinvolti da un lato una fotocamera che lavora da mezzo secolo (o dalla ventesima parte di un millennio…) e un sistema, il Polapan, nato come sistema a sviluppo immediato con negativo a perdere che si è invece da subito dimostrato di qualità eccellente e dall’altra parte un marchio come Nikon in grado di “seguire” otticamente il fotografo tanto nella ripresa – anche in grande formato – che nella stampa finale.

Può sembrare quantomeno retrò non solo parlare di bianco e nero ma addirittura di grande formato e di una pellicola particolare come il Polapan. Se il senso vero della fotografia è produrre una fotografia, quindi un’immagine stampata su carta ( e non qualcosa da visualizzare semplicemente su un monitor), ci sembra che oggi le strade si siano semplicemente moltiplicate: si può ancora lavorare su pellicola sia a colori che in bianco e nero per poi decidere se stampare su carta fotografica chimica (passaggio obbligato per la stampa bianco e nero fine art museale) o scannerizzare il negativo e stampare sempre su carta fotografica tradizionale chimica con il sistema di stampa laser, o con stampanti ink jet. Ugualmente, si può scattare in digitale e stampare poi ancora una volta su carta fotografica tradizionale chimica o via ink jet. Approcci diversi con l’unico risultato di arrivare a immagini stampate ma ciascun approccio con un suo preciso e differenziato “sapore” sia all’atto della ripresa che della stampa e visualizzazione finale. Per scattare in grande formato, oltre al doversi someggiare pesanti treppiedi, fotocamera, obiettivi, chassis – nel nostro caso il semplice dorso Polaroid – si devono poi fare i conti su una previsualizzazione e una preparazione dello scatto molto laboriosa. Ma è proprio attraverso questo “labora” che si arriva a fotografare soprattutto certi soggetti e non altri, in un certo modo e non in un altro e con un certo risultato finale. Ugualmente, scattando con una “semplice” reflex digitale ci si possono permettere lussi in termini di prontezza e visualizzazione dello scatto impensabile rispetto al grande formato. E nuovamente: altri soggetti, altri modi di fotografare, altra fruizione dell’immagine finale. Non c’è, a parer nostro, un meglio e un peggio ma semplicemente strade parallele, a volte convergenti, a volte divergenti.

Se vogliamo parlare ancora una volta del senso, all’inizio del terzo millennio della fotografia in bianco e nero cercheremo di stilizzare in una frase il senso che per noi ha ancora oggi il b& e pensiamo a Wim Wenders regista e provetto fotografo, che scrisse una volta: “il mondo è a colori, ma la realtà è in bianco e nero”.

Se vogliamo parlare di “strade” riportiamo un’apparente battuta ascoltata di recente in una comica di Stanlio e Ollio, proferita da Stanlio, naturalmente: “Che cos’è una deviazione? E’ la strada sbagliata per arrivare nel posto giusto”.

Alla prossima, quindi, e vi ringrazio per il vostro tempo e la vostra attenzione

Il vostro affezionatissimo, iridescente, senescente, e soprattutto, monocromatico, Gerardo Bonomo

 

I miei video e i miei articoli sono accessibile a tutti e gratuitamente.

Se volete fare una donazione utilizzando PayPal, il mio indirizzo è gerardobonomo@gmail.com . Specificate DONAZIONE e il vostro indirizzo mail per permettermi di ringraziarvi.

( vi ricordo i miei corsi sulla fotografia bianco e nero, dalla ripresa alla stampa, sia one to one che via Skype. Contattatemi: gerardobonomo@gmail.com, Cell.: 3356619215 )

Appendice: il trattamento del Polapan

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APPENDICE: Il trattamento del Polapan Type 55 P/N con il dorso POLAROID 545I 4X5 Film Holder Back

Dopo che l’immagine è stata scattata

 

 

 

 

 

si riporta verso il basso la volet…

in modo da evitare che la pellicola prenda luce prima del trattamento

 

è suggeribile non sviluppare il Polapan in esterni ma, mantenendo la leva di controllo su L (load)

e premendo sul pulsante di sgancio, si estrae la busta Polapan e la si ripone in un luogo sicuro, va bene anche la scatola originale, in modo da evitare che la busta possa essere schiacciata involontariamente in ogni sua parte.

Una volta rientrati in sede si riposiziona la leva su LOAD e si reinserisce il Polapan esposto ma non sviluppato

Una volta controllata la temperatura ambiente – se si proviene da esterni freddi bisognerà attendere che le buste esposte arrivino alla medesima temperatura interna – si sposterà la leva su P (process) e si estrarrà con un movimento deciso e continuo la busta dal dorso. A questo punto inizieranno contemporaneamente il processo di sviluppo e fissaggio sia della stampa che della pellicola

.e si attenderanno i secondi necessari al completamento dello sviluppo e del fissaggio la sciando la busta appoggiata sul tavolo, senza muoverla in alcun modo. Il tempo di sviluppo/fissaggio è attorno ai 20/25” a 20°C ma è anche possibile allungare il tempo fino a 60” se la temperatura ambiente è più bassa dei 20°C raccomandati (per la tabella delle accoppiate tempo/temperatura: www.polaroid.com)

terminato lo sviluppo si aprirà immediatamente la busta separandone i due lembi.

avendo cura di non spostare il sandwich positivo/negativo al suo interno. Bisogna essere rapidi ma molto delicati perché finché il positivo non verrà separato dal negativo, lo sviluppo continuerà ad agire.

aperta la busta, tenendo fermo il negativo con l’indice e il pollice della mano destra stretti intorno al lembo rosa.

si comincerà a separare il positivo dal negativo, avendo cura che il positivo non sfiori accidentalmente il negativo che in questo momento è molto delicato e ancora ricettivo alla chimica che rimane depositata sul bordo esterno del positivo.

senza preoccuparsi del positivo, mantenendo sempre ben saldo il negativo con l’indice e il pollice della mano destra si comincerà ad aprire il lamierino nero che trattiene il negativo alla busta: se il negativo è saldamente tenuto si può anche agire con una certa forza, fino a che il lamierino non sarà completamente aperto, il tutto sempre senza toccare mai il negativo; va tenuto presente che l’emulsione è proprio rivolta verso di noi ed è, lo ripetiamo ancora, delicatissima e facilmente graffiabile da un movimento incauto.

l’area utile sia del positivo che del negativo Polapan 55 è di 9x12cm. Il negativo però ha un’area totale di 10×12 cm: ritagliando le due fustelle ai lati del negativo oltre la sua area totale si ottiene un negativo pieno di 10×12 cm sui cui bordi il reagente non ha lavorato in modo omogeneo e dove quindi si crea una sorta di cornice “random” che varia da negativo a negativo. A questa cornice si aggiunge anche il bordo del negativo che riporta la fustellatura che di norma viene adoperata per staccare il negativo dalla sua abbondanza: il tutto, in stampa, crea un bordo unico e particolarissimo tipico del Polapan dove è ancora visibile la parte più esterna dell’immagine

sempre usando le forbici e senza intaccare il negativo, si tagliano i gusci all’interno dei quali era posizionata la chimica di sviluppo

Dalla stampa si elimina la fustella di carta e si mette poi il positivo ad asciugare

a questo punto inizia il lavoro di conservazione del negativo. Il negativo va immerso in acqua – dove può rimanervi anche per 72 ore. Si aspetta invece un’ora circa in modo che i cartoncini neri e rosa rimasti incollati la bordo del negativo si impregnino d’acqua per poter poi essere distaccati dal negativo, sempre con estrema attenzione all’emulsione che è molto delicata fino a che non è completamente asciugata. Il negativo a questo punto va immerso per alcune decine di secondi in una soluzione di solfito di sodio al 18% che provveder ad eliminare tutti i residui di reagente – ormai inerti – e a chiarificare il negativo. A questo punto il negativo va lavato come un comune negativo in acqua corrente e passato poi in acqua demineralizzata a cui è stata aggiunta qualche goccia di comune imbibente per negativi per essere poi appeso ad asciugare. Polaroid raccomanda di NON fissare mai i negativi Polapan nel comune fissaggio per negativi. Operando invece, dopo il passaggio solfito di sodio in un comune fissaggio per negativi si otterrà la completa chiarificazione anche dei bordi del negativo, eliminando quindi la tanto ricercata cornice. Polaroid consiglia un fissaggio di Kodak, il Rapid Fix with Hardener per un miglior fissaggio del polapan ma per l’effetto induritore sull’emulsione che la rende, una volta asciutta, più resistente ai graffi. La tank di questa immagine si utilizza normalmente per lo sviluppo delle pellicole piane, dal formato 6×9 fino al formato 10×12 cm. E’ ancora reperibile in Italia da rivenditori specializzati in materiale bianco e nero fine art. Può ospitare fino a 6 negativi Polapan senza che vengano a contatto tra loro. In alternativa alla tank si possono utilizzare dei contenitori in plastica da frigorifero nelle misure atte a contenere il negativo. In questo caso andrà trattato un negativo per volta, badando che l’emulsione sia sempre rivolta verso l’alto e non tocchi mai i bordi o il fondo del contenitore. Qui è stata usata una HP Combi Plan T 4×5 Film Developing Tank with Lid

 

Ecco in pratica l’abbondanza del Polapan: all’interno del riquadro blu l’area utile di stampa – che è poi anche l’area visualizzata sul positivo a contatto. All’esterno del riquadro blu l’abbondanza dove è ancora visibile parte dell’immagine con le zone esterne sviluppate “random”, il segno della fustellatura di distacco del negativo e l’immagine delle foratura di tenuta della cartina nera, attraverso la quale lo sviluppo non può agire sul negativo creando un disegno geometrico inconfondibile. Ricordiamo ancora che se il negativo viene fissato con un normale fissaggio per pellicole, tutte le influorescenze spariscono, rimane solo il disegno della fustellatura del negativo.

 

 

 

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